Bye bye Unione Europea!

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Gli inglesi se ne vanno domani 31 gennaio 2020, alle ore 23.00. Abbandonano l’Unione Europea al suo destino. Visti i preparativi per la celebrazione, che prevede la proiezione della bandiera britannica sugli edifici pubblici e addirittura il conio di una moneta speciale per l’evento, si potrebbe dire che per gli inglesi è come aver vinto una guerra. Una vittoria ottenuta dopo quasi quattro anni di tira e molla che ha visto i remainer pro-euro spingere per un nuovo referendum sul presupposto (smentito) che gli inglesi avessero cambiato idea, e i media di mezza Europa che dipingevano la brexit come un possibile disastro… per la Gran Bretagna (anch’esso smentito).

Gli inglesi sono andati dritti allo scopo. Lo hanno fatto dando fiducia a Boris Jonhson, e dunque se ne vanno. Noi invece rimaniamo invischiati in questa palude eurista che sta massacrando la nostra economia, la nostra industria e la nostra occupazione.

Sono felice per gli inglesi, naturalmente. E per loro provo una grande invidia. Noi dobbiamo ancora aprire gli occhi (e Dio sa quanto sia tornato indietro il dibattito nell’ultimo anno). Il nostro martoriato paese deve comprendere che l’Unione Europea non è il futuro, ma è un terribile fardello che ci schiaccia, che schiaccia la nostra democrazia, la nostra libertà e la nostra società. Che ci impedisce di crescere, di svilupparci e di attuare la Costituzione, il cui programma economico sociale confligge con quello Europeo, costruito in parte per tutelare gli interessi di Francia e Germania e, sullo sfondo, i capitali, le rendite finanziarie e dunque gli interessi dei ricchi a detrimento delle nazioni europee.

Non posso dire che la Gran Bretagna sia una somma di virtù. Esistono molte contraddizioni in questo paese: nella sua storia, nella sua cultura e nella sua società. Ma è certo che è una Nazione che sa il fatto suo e prima di cedere sovranità all’Unione Europea ci ha pensato per bene, concludendo che no, la sovranità è troppo preziosa per essere data alla burocrazia tardo-imperiale di Bruxelles. E se oggi il Regno Unito può permettersi di uscire (a dispetto di chi gufava e di chi affermava che non sarebbero mai usciti), è perché ha conservato amor patrio, determinazione e indipendenza economica e monetaria (che è presupposto indispensabile per uscire dall’Unione, come spiego qui).

La domanda che ci pone ora è: cosa ne sarà dell’Unione Europea? E’ chiaro che se la brexit rappresenta la sconfitta dell’europeismo, del germanismo, dell’ordoliberismo e dunque dell’idea di un superstato federale, dominato dalla Germania in tandem con la Francia, questa non è comunque sufficiente per abbattere il moloch eurocratico. E anzi, il successo della brexit potrebbe sortire l’effetto contrario: serrare le fila per impedire ulteriori colpi di testa. Ma è anche vero che se mai accadesse, i passi falsi eurocratici si moltiplicherebbero, e allora anche nel nostro paese qualcuno di più potrebbe (il condizionale purtroppo è d’obbligo) aprire quegli occhi che oggi tiene ostinatamente chiusi, in parte per ignoranza e in parte per la propaganda europeista diffusa a ogni livello mediatico e culturale.

God save the Italy!

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