Chi ha paura del debito pubblico?

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Chi ha paura del debito pubblico? Sembra il titolo di un film, magari un b-movie, ma la verità è che esiste davvero chi ha paura del debito pubblico, fino ad arrivare a demonizzarlo e a chiedere sacrifici assurdi e irragionevoli, pur di vederlo diminuire. Del resto, ormai è una ventina d’anni (anno più anno meno), che si parla della esigenza di abbatterlo, complice l’Europa, che ha imposto il vincolo di rapporto Debito/PIL al 60%. Le ragioni di questo vincolo, sono legate essenzialmente all’idea che un elevato debito pubblico rallenti la crescita, o meglio che a una diminuzione del PIL sia correlata la crescita del debito pubblico.

In realtà, però non è proprio così. L’idea del debito che rallenta o blocca la crescita è un’idea tutt’altro che condivisa nel mondo accademico. Anzi, è un’idea piuttosto controversa, il cui dibattito però qui non interessa, anche per la sua estrema complessità, che richiederebbe grafici ed equazioni, di cui facciamo volentieri a meno. Qui interessa capire cosa sia il debito pubblico e perché non è quel mostro (da B movie) che tutti vorrebbero vedere sconfitto.

Chi non sa esattamente cosa sia il debito pubblico e si abbevera dall’informazione mainstream, potrebbe credere che il debito pubblico sia un normale debito, e cioè un debito che lo Stato deve prima o poi restituire ai propri creditori, sicché qualora non lo restituisse, imponendo magari alla popolazione enormi sacrifici, il destino terribile sarebbe il default. Questo è in parte vero, ma solo e se quello Stato non è sovrano (ne conoscete qualcuno?), e cioè non ha il controllo del proprio debito e della propria moneta, e non ha una banca centrale prestatore di ultima istanza. Ma anche questo tema, in realtà, è un tema che qui non interessa. Nel nostro ragionamento diamo infatti per scontato che lo Stato sia in realtà uno Stato pienamente sovrano e abbia una propria banca centrale (ramo dello Stato centrale). Questo Stato lo chiameremo Sovrania.

Ciò premesso, il debito pubblico, e cioè il debito che emette Sovrania per finanziarsi, corrisponde ed è il riflesso del risparmio privato dei suoi cittadini. Sicché se Sovrania ha 2000 miliardi di debito pubblico, è perché il settore privato vanta una ricchezza per quell’importo. Ed è solo una parte della ricchezza di Sovrania, perché è la parte risparmiata, espressa in titoli del debito pubblico (e solo in questi). Infatti, poi c’è la ricchezza privata risparmiata in altre tipologie di titoli di risparmio, ovvero investita in attività produttive, ovvero ancora consumata.

Domanda? Ma questo debito pubblico deve essere ripagato da Sovrania? In termini generali sì. Nel senso che i privati (cittadini, enti, banche, istituzioni) che acquistano i titoli del debito pubblico, si aspettano alla scadenza la restituzione del capitale investito e gli interessi maturati. Ma c’è una differenza rispetto alla realtà. Nel paese di Sovrania chi restituisce il gruzzolo ai privati è sì lo Stato, che però utilizza per lo più il denaro che stampa la Banca Centrale, la quale, poi, fa lo spazzino dei titoli del debito invenduti all’asta, stabilizzando così i tassi ed evitando che questi schizzino in alto e rendano i titoli pubblici di Sovrania, titoli spazzatura (junk bond ). La Banca Centrale acquista i titoli e provvede poi ad annullare il credito che ella ha nei confronti dello Stato per la somma pari ai titoli acquistati. Ciò avviene attraverso una banale partita di giro.

La verità, dunque, è che il debito pubblico di Sovrania non pesa affatto sulle future generazioni (almeno non nei termini catastrofisti paventati dalla narrativa ufficiale), anche perché questo viene costantemente rinnovato e ripagato.  Del resto, nel paese di Sovrania, l’egregio lavoro fatto dalla Banca Centrale, ente di diritto pubblico dello Stato, impedisce che il debito rappresenti davvero un problema per l’economia reale del paese, che anzi, viaggia su valori ottimali.

Attenzione, però. La storia di Sovrania non intende in alcun modo legittimare la teologia della stampante infinita. Lo Stato deve comunque avere un bilancio equilibrato e deve attuare tutte le politiche necessarie per tenere sotto controllo l’inflazione derivante dalle politiche monetariste legate alla spesa e al debito pubblico. Per fare ciò, è necessario creare un perfetto equilibrio tra spesa pubblica, imposizione fiscale e debito pubblico, che non è certo quello previsto nel Trattato di Maastricht (che è pura follia), ma è quello contingente e necessario a seconda dei cicli economici e delle crisi straordinarie e sistemiche. In questo senso, durante una fase di recessione o di grave crisi (es. un terremoto), lo Stato è legittimato ad attuare tutte le politiche espansive necessarie per incrementare il PIL o per effettuare i risanamenti economici necessari, anche attraverso la spesa in deficit e lo stampaggio di moneta, senza preoccuparsi eccessivamente del debito o del bilancio. Durante le fasi di sviluppo e di benessere, lo Stato è invece tenuto a rallentare le proprie politiche espansive in favore di politiche più oculate, che mirino ad assestare e a riequilibrare i conti, senza però per questo danneggiare l’economia reale con sacrifici inutili, irrazionali e irragionevoli (tagli, aumento esasperato dell’imposizione fiscale, privatizzazioni ecc.).

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