— Lettura in 2 min.
Niente da fare. Votaste un Governo per il recupero della sovranità nazionale e vi ritrovaste un Governo che continua a cederla. Ed è difficile che davanti a certi “risultati”, si possa onestamente parlare di strategia. Anche perché se la strategia consiste nel cedere più sovranità per poi recuperarla, questa è la strategia di chi fa un passo avanti e dieci passi indietro.
Ma cosa è accaduto esattamente? Beh, proprio ieri il Governo, nel Consiglio UE, ha dato l’okay all’ulteriore step che ci porta verso l’unione bancaria europea. E cioè, per dirla papale papale, verso gli Stati Uniti d’Europa, costrutto costituzionalmente illegale e persino impossibile da realizzare.
Quello che però rileva, non è tanto il contenuto (sul quale sorvolo per carità di patria), quanto il significato politico. Un Governo davvero patriottico, che mira al ripristino della legalità costituzionale, non lega ancora di più il proprio sistema bancario all’euroburocrazia, sottraendo al Parlamento e al Governo ulteriori ambiti di sovranità nazionale, che nel settore peraltro risulta già gravemente compromessa in base ai Trattati e in base alle leggi che recepiscono regolamenti e direttive (non possiamo non ricordare l’introduzione del bail-in nel 2015).
Certo, a sentire sui social alcuni esponenti della maggioranza, sembra che nel Governo i partiti che governano siano in realtà tre o quattro, ma a mio modo di vedere sono solo scuse. I nostri, quando hanno davvero voluto, hanno puntato i piedi per far passare le proprie leggi (v. legittima difesa, reddito di cittadinanza ecc.) e tutt’ora puntano i piedi per far passare altre leggi che poco hanno a che vedere con il ripristino della legalità costituzionale (v. alla voce “regionalismo differenziato”). Dunque, è chiaro che la verità sta da tutt’altra parte, ed è quella che dipinge una compagine governativa che non vuole in alcun modo invertire la rotta verso il recupero – seppure graduale – della sovranità nazionale.
Del resto, è sufficiente leggere la recentissima mozione approvata dalla Camera dei Deputati che, tra le altre cose, impegnerebbe il Governo a promuovere in sede europea una riforma della BCE nel senso di far diventare la Banca Centrale Europea prestatrice di ultima istanza onde finanziare le opere pubbliche che il Parlamento UE voterebbe come prioritarie (sic!).
Diciamocelo: se questa è una mozione sovranista, io allora sono superman. Questa è la tipica mozione che spinge verso una maggiore integrazione europea. E dunque verso maggiori e più consistenti cessioni di sovranità nazionale. E certo non si può dire che si tratta di strategia volta a “stanare” chi davvero non vuole una riforma dell’Unione Europea, di modo che la gente prenda atto che l’Unione Europea non è riformabile. Non lo è e basta! Le stesse teorie di Von Hayek lo testimoniano, e non da oggi.
A scanso di equivoci, il nodo centrale della questione non è comunque l’italexit. Ancora una volta è necessario sottolineare che l’imputazione grave che si deve fare a questo Governo e alla sua maggioranza non è l’assenza di una volontà di uscita immediata, quanto l’assenza di una volontà di preparare quell’uscita, vuoi per i timori infusi connessi a evidenti limiti culturali e costituzionali, e vuoi per l’assenza di una visione dell’economia e della società che permetta loro di definire e adottare i necessari provvedimenti per cambiare approccio nei rapporti con l’Unione Europea. Cioè, non solo questa “maggioranza” non fa nulla in senso patriottico e sovranista perché non riesce a uscire dal paradigma liberista, ma addirittura porta avanti l’agenda europeista/liberista imbastita dai governi precedenti. L’approvazione nel Consiglio UE dello step che porta all’unione bancaria lo dimostra inequivocabilmente.