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La Costituzione italiana non è la costituzione più bella del mondo, come un vecchio e stantio slogan recitava. Però è anche vero che è sicuramente la più completa, almeno per quanto riguarda i principi fondamentali e la parte I. Ed è indubbio che c’è parecchio di buono in questa carta, figlia di uno storico compromesso politico, sintetizzato appunto nei suoi 139 articoli.
Alcuni ritengono che, proprio per questa ragione, la Costituzione sia una carta socialdemocratica. Ma la verità è che è difficile darle una precisa connotazione politica. Ergo, più che una carta che disegna un definito quadro ideologico-politico, a mio parere trattasi di una carta sui generis, peculiare e dunque capace di rappresentare le diverse istanze ideali e ideologiche che hanno animato il ‘900, salvo poi essere messa quasi del tutto da parte nel nuovo secolo.
Vero è che le tracce socialdemocratiche comunque sono ben presenti. Per i liberali questo non è un bene, vedendo come fumo negli occhi qualsiasi comportamento statale positivo, preordinato al perseguimento della giustizia sociale. Ma è anche vero che ai liberali – come sempre – sfugge che un cittadino non è davvero libero se non ha dignità sociale (qui); dignità che viene meno o non si realizza affatto se, per esempio, la persona non percepisce un reddito dignitoso che sia sufficiente per sé e per la propria famiglia (v. art. 36 Cost.). Dignità, dunque, che non sempre può essere assicurata con un comportamento di non fare (cfr. con il laissez-faire) [1. Eppure, da un certo punto di vista, è comprensibile la posizione liberale, nel momento in cui il perseguimento degli obiettivi di solidarietà e giustizia sociale comportino quell’invadenza statale che poi si traduce in un appesantimento burocratico e, peggio, in una compressione della libertà individuale, costretta in percorsi sociali prestabiliti, non sempre idonei a raggiungere lo scopo per i quali sono stati predefiniti. Ecco perché si ritiene necessario equilibrio ed efficienza per evitare che ciò che è buono diventi in realtà un ostacolo per la piena realizzazione della persona umana.].
Tutto questo per dire che la Costituzione vanta un preciso articolo – l’art. 2 Cost. – che impone i doveri di solidarietà sociale, politica ed economica, correlati alla tutela dei diritti inviolabili dell’Uomo.
Vediamo:
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
E’ chiaramente un articolo paradigmatico che rappresenta l’essenza stessa del dovere di realizzare la persona umana non solo attraverso comportamenti di non fare, ma anche attraverso comportamenti di fare. Perciò se da una parte, esso riconosce quei diritti propri del liberalismo (i diritti inviolabili della persona umana), dall’altra ritiene che tali diritti possano essere perseguiti e realizzati, e dunque garantiti, solo e se esiste il solidarismo sociale. Ecco dunque che per poter dare effettiva tutela ai diritti dell’individuo (sia come singolo e sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità), è necessario che siano adempiuti i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Domande: chi sono i destinatari di questo obbligo? Che si intende per inderogabili?
Non è facile rispondere a queste domande, e in realtà c’è chi ha scritto centinaia di pagine per spiegarlo. E’ chiaro però che il destinatario principe di quest’obbligo sia prima di tutto lo Stato, il quale deve porre in essere tutte quelle azioni che garantiscano l’effettiva tutela dei diritti inviolabili dell’uomo (v. per es. artt. 24, 25, 27, 29, 32 e 36 Cost.), ma anche il singolo cittadino nel suo relazionarsi e agire all’interno della società (v. art. 53).
Dunque i doveri di solidarietà sociale, economica e politica sono l’obiettivo propedeutico alla realizzazione dell’uguaglianza (art. 3 Cost.), non solo in senso formale, ma anche in senso sostanziale: dignità sociale e rimozione degli ostacoli di natura politica, economica e sociale che impediscono la piena realizzazione dell’uomo, sia come singolo e sia all’interno delle formazioni sociali dove si realizza la sua personalità. Ed ecco perché questi doveri sono inderogabili: lo Stato e il cittadino, e in generale il destinatario della norma costituzionale, non possono eluderli; non possono tenere comportamenti o fare leggi, regolamenti o accordi che siano contrastanti con i doveri ex-art. 2 Cost.
Vero è che se questa norma da qualche decennio è stata pienamente disattesa dalla parziale cessione di sovranità economica e monetaria, è altrettanto vero che viene oggi utilizzata per tentare di riconoscere nel nostro ordinamento giuridico costrutti ideologici che poco hanno a che vedere con la piena realizzazione della persona umana. Eppure, non sfugge l’idea che la norma non è nata con lo scopo di riconoscere qualcosa che non esiste, non è questo il suo scopo, ma è quello di tutelare la persona umana nei contesti sociali pre-esistenti e già riconosciuti come fondamentali e naturali dalla Costituzione medesima (cfr. art. 29 Cost.).