Domanda aggregata e Costituzione

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Una delle componenti più importanti della domanda aggregata è la spesa pubblica. Nell’equazione di AD (Domanda Aggregata) infatti la spesa pubblica è un elemento cruciale, tant’è che:

Y = C+G+I+NX

significa che il reddito nazionale è dato dai consumi privati, dalla spesa pubblica, dagli investimenti privati e dalle esportazioni nette. Riducendo o eliminando dall’equazione uno di questi elementi, inevitabilmente a soffrirne sarà il reddito nazionale, dunque i redditi dei singoli cittadini, i consumi, e nel complesso l’occupazione e il benessere sociale.

La nostra Costituzione prevede all’art. 3 che lo Stato intervenga positivamente nell’economia e nella società per realizzare l’uguaglianza sostanziale. In altre parole, prevede che G sia sempre presente e in misura adeguata. La politica economica, in altre parole, deve avere un approccio “esogeno”, e cioè finalizzato a correggere i disequilibri macroeconomici presenti nelle dinamiche del mercato, e non tanto per rendere paretianamente efficiente il medesimo, quanto per garantire certi livelli di produzione e reddito, garantire l’equità, e dunque la redistribuzione delle risorse (e del reddito) nel senso costituzionale.

Tuttavia, come spesso si è detto in questo blog, con l’adesione dell’Italia all’Unione Europea, l’equazione di AD è stata di fatto alterata, perché G è stato neutralizzato. I parametri di Maastricht (e peggio del Fiscal Compact in coppia con il riformato principio del pareggio di bilancio ex-art. 81 Cost.) inibiscono l’adeguata valorizzazione di G, determinando una disapplicazione effettiva (seppur non formale) dell’art. 3 della Cost., che è principio fondamentale inderogabile e qualificante la democrazia lavoristica. Il risultato è che l’avanzo primario ottenuto, e il calo drastico della spesa pubblica (operato soprattutto negli ultimi anni) ha prodotto recessione e stagnazione, con pesanti ricadute su occupazione e consumi.

Questo dimostra essenzialmente due cose: a) la nostra Carta abbraccia un modello di sviluppo economico nel quale l’azione statale (e dunque l’approccio esogeno) è principio costituzionale irrinunciabile, rigettando nella sostanza sia l’approccio endogeno e sia l’approccio neutrale, nel senso paretiano del termine; b) la nostra Carta rigetta in toto l’idea che la politica economica adottabile sia il frutto di una concertazione tra Governo e Banca Centrale indipendente (policy mix), ritenendosi che nessuna autorità che muova le leve dell’economia nazionale e della moneta sia esterna alla democrazia, e in ogni caso posta al riparo dal consenso e dalla sanzione politica e democratica.

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