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In generale non mi piace dare suggerimenti sulle strategie politiche, ma nel caso qualcosa si potrebbe dire. Il trappolone – come ho già scritto – è già teso e la Lega rischia di caderci dentro con tutti i due i piedi. Però può ancora evitare il peggio se uscisse dal paradigma liberista e prendesse contezza che la soluzione non si trova nelle politiche hayekiane ma nelle politiche keynesiane, e in ultimo nella Costituzione italiana.
E’ inutile girarci intorno. E’ questa la verità. Ma comprendo quanto sia difficile che ciò possa essere accettato da un partito che, da decenni, predica meno Stato e più mercato. Che nella sostanza significa mettersi nelle mani di chi detiene i capitali e dunque di chi, nella gabbia dell’euro, può permettersi di giocare con il debito pubblico degli Stati nazionali, influenzandone le politiche ed erodendo sempre più i processi democratici.
Uscire dal paradigma liberista è la condicio sine qua non per arginare l’arroganza dell’eurocrazia e iniziare a minare dalle fondamenta il dominio dei mercati sulla società e sulla democrazia. Ma per farlo, è necessario riacquistare piena consapevolezza costituzionale, perché è solo attraverso la Costituzione che si possono effettivamente individuare gli strumenti più efficaci per perseguire lo scopo ultimo della riconquista della sovranità nazionale e il ripristino della legalità costituzionale.
Ecco dunque che non basta introdurre i minibot con flat tax. Qualora, in seguito a una crisi con il M5S, venga ricalibrato il peso politico della Lega nel governo gialloverde, ovvero la Lega venga chiamata a guidare un eventuale governo di centrodestra, è primariamente necessario che vengano varati dei pacchetti di riforma della Banca d’Italia e vengano adottate efficaci misure antispread per proteggere i titoli pubblici italiani dalla speculazione, evitando contestualmente manovre-massacro e affrontando la conseguente procedura di infrazione. Questo nell’immediato – e in realtà era qualcosa che doveva essere già fatto fin dall’inizio, previo un adeguato spoil system e la collocazione di un ministro politico al MEF. Poi è necessario avviare l’iter di abrogazione del pareggio di bilancio in Costituzione e di riforma del primo comma dell’art. 117 per eliminare il vincolo europeo, accantonando paritempo l’autonomismo, non solo inutile, ma persino dannoso.
La Costituzione deve tornare a governare la politica economica dei Governi italiani, e questo significa sfilarsi dalle catene del Fiscal Compact in primis e poi dal monopolio della moneta che i trattati conferiscono alla BCE. Significa in altre parole, uscire dall’unione monetaria e rimettere al centro della pianificazione politica ed economica la carta del 1948, finanziando all’occorrenza in deficit l’economia nazionale per perseguire la piena occupazione, che nei trattati europei è solo un orpello retorico senza alcun significato concreto: conta la stabilità dei prezzi che richiede sempre la deflazione salariale e dunque anche la disoccupazione.
Sono consapevole che si tratta di un libro dei sogni. La Lega continuerà a viaggiare sui propri binari impiantati nel neoliberismo; perciò presto o tardi finirà nella rete. E’ difficile, infatti, immaginare che da un giorno all’altro e in virtù di una vittoria elettorale che semmai, per la sua incontestabilità, incoraggerà e rafforzerà ancor più la convinzione che la strada giusta sia l’attuazione delle politiche e degli obiettivi federalisti-hayekiani, possa realizzare che quella è la strada easy-easy, che però inevitabilmente porta a schiantarsi, mentre quella più difficile e irta è quella tracciata dai nostri padri costituenti nel 1948. Ci vuole un’elaborazione economica e politica che richiede non solo anni di dibattito politico e strappi importanti, ma una nuova prospettiva che non si può avere senza una leadership determinata in quella direzione.