Ecco il pareggio di bilancio e la cessione di sovranità fiscale

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Nella perfetta omertà degli organi di informazione – occupata in altro -il Parlamento ha approvato una modifica costituzionale che, in uno Stato autenticamente democratico, avrebbe comportato una consultazione referendaria. Purtroppo però siamo in Italia. La democrazia è più un esercizio retorico, anziché un sentimento radicato a tutti i livelli (e il silenzio sull’evento ne è una dimostrazione). Così, ecco che ci ritroviamo tra capo e collo un principio costituzionale nuovo che però il popolo ignora beatamente.

Ebbene, come da titolo, nella nostra carta costituzionale è stato introdotto il pareggio di bilancio con la riscrittura dell’art. 81 della Costituzione (ma non solo).  Una vera “rivoluzione” (o involuzione) costituzionale che determinerà le nostre scelte di politica economica (e fiscale) per i prossimi decenni.

Ecco cosa recita il nuovo art. 81 della carta:

Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.

La norma dunque impone l’equilibrio tra le entrate e le uscite. Come ho già detto, si spende quanto si incassa. Roba neoliberista che fa passare un concetto assolutamente falso: lo Stato è come una famiglia o è come un’impresa. Ma lo Stato non è né l’uno né l’altro! Se da una parte lo Stato deve fornire beni che la teoria finanziaria definisce “beni pubblici”, e cioè beni che non hanno mercato perché sono non escludibili e/o non rivali (si pensi alla difesa, ma anche alla tutela ambientale, alla sanità pubblica e all’istruzione ecc.), dall’altra – secondo Costituzione – deve perseguire la massima occupazione e la tutela del risparmio. Queste finalità possono essere perseguite solo dallo Stato che abbia piena sovranità monetaria, economica e fiscale.

La riforma chiaramente non tocca solo la politica economica del Governo, ma si estende anche alla pubblica amministrazione e agli enti territoriali (v. artt. 97 e 119 Cost.).

La realtà è che il pareggio di bilancio oggi risponde a esigenze che nulla hanno a che vedere con il benessere della collettività italiana. Esso risponde a esigenze di garanzia del debito sovrano davanti al grande capitale finanziario e al dominio franco-tedesco in Europa, nell’ottica di adesione-suicidio alle regole del Fiscal Compact, il cui trattato l’Italia ha prontamente firmato.

In questi giorni, a margine dell’approvazione, il Fondo Monetario Internazionale ha dichiarato che il pareggio di bilancio in Italia non potrà aversi prima del 2017. Sapete cosa significa questo? Significa che il decreto “Salva Italia” è solo l’inizio di un lungo percorso di imposizioni/sacrifici fiscali (che io definirei vessazioni) da oggi pienamente “costituzionalizzate” con il pareggio di bilancio, il cui scopo è limitare la spesa pubblica, che consequenzialmente andrà a impattare (negativamente) sulle politiche occupazionali e sul nostro PIL. Un vero disastro…

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