Ecco perché ai minibot devono accompagnarsi misure antispread

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I minibot potrebbero essere un ottimo sistema per garantire la solvibilità dello Stato rispetto ai cosiddetti crediti commerciali che i privati vantano nei confronti della P.A. Sicuramente però potrebbero essere utilizzati come strumento transitorio di pagamento tra l’euro e un’eventuale moneta sovrana. Del resto, come già scrissi qualche tempo fa, i minibot non violano i trattati UE, poiché non sono moneta (banconote) ma sono titoli del debito pubblico (di piccolo taglio) che però, per la loro intrinseca caratteristica, non incrementano il Maastricht Debt (e cioè il debito in rapporto al PIL), poiché trattasi di certificazione di debito già contratto e poiché sono irredimibili e privi di interessi. Garantiscono, cioè, solo uno sconto fiscale (da far valere in sede di pagamento delle imposte) e la libera circolazione per l’importo facciale.

Ora, non sto qui ad approfondire ulteriormente la (dibattuta) questione e rimando all’articolo più sopra segnalato (aggiungo l’ultimo che ho scritto sul presidio di democrazia dei minibot). Quello che qui vorrei dire è altro: i minibot, in ogni caso, sia che li si intenda usare per pagare i debiti della P.A. e sia – a maggior ragione – abbiano uno scopo ulteriore e finale, e cioè l’attutimento degli effetti negativi di un’eventuale italexit (prospettiva alla quale credo poco), richiedono imprescindibili accorgimenti che devono essere adottati per evitare che lo strumento si riveli dannoso in un contesto desovranizzato.

Mi spiego. Il contesto desovranizzato è l’assenza di leva monetaria. Lo Stato italiano, per scelte discutibili della sua classe dirigente, ha non solo ceduto una sovranità costituzionalmente incedibile (la sovranità monetaria), ma addirittura si è vincolata al rispetto di assurdi parametri – quelli di Maastricht prima e del Fiscal Compact poi – che non le permettono politiche fiscalmente espansive. In altre parole, secondo le attuali regole europee, siamo condannati all’austerità, con grave, anzi gravissimo danno per il nostro sviluppo economico e l’industria nazionale.

Al processo di desovranizzazione corrisponde il processo uguale e contrario di sovranizzazione degli organismi europei deputati al controllo delle leve economiche. Tra questi, il più importante (e forse l’unico) è sicuramente la BCE (la Banca Centrale Europea), che agendo come organismo europeo indipendente, titolare esclusivo del monopolio della moneta (ex-art. 127-128 TFUE), può decidere liberamente le politiche monetarie più opportune per il perseguimento delle finalità europee (in conformità allo Statuto e al trattato di funzionamento dell’Unione Europea), fino a influenzare in modo determinante le fondamentali determinazioni politiche dei Governi degli Stati membri; soprattutto quelle finalizzate ad adottare misure emergenziali in caso di crisi di liquidità, come la chiusura dei bancomat. E’ accaduto alla Grecia, del resto. Perché non potrebbe accadere anche a noi, qualora decidessimo di adottare strumenti che, per quanto compatibili con i Trattati, rappresentano una “affronto” alle prerogative della banca centrale?

Ed è davanti a questa eventualità (assai concreta) che pare essere necessario operare con la massima cautela, adottando le opportune misure di contrasto. E la Repubblica ha certamente questi ulteriori strumenti per evitare che accada l’irreparabile, qualora si decida di adottare i minibot. Nel quadro economico e giuridico dominato dal vincolo esterno (anche costituzionale ex-art. 117 Cost.), l’adozione dei predetti titoli di credito, senza una rete di protezione della banca centrale che operi nell’interesse nazionale come operatore di lender of last resort, potrebbe infatti “scatenare” i cosiddetti “mercati”, e cioè lo spread, che scaraventerebbero i nostri titoli del debito pubblico nella pericolosa area dei titoli spazzatura. E questa funerea prospettiva creerebbe sicuramente problemi gravi: a una minore capacità dello Stato di finanziarsi sui mercati privati corrisponderebbero effetti deleteri per l’economia nazionale.

Sicuramente, fra questi strumenti (detti antispread) rientrano la riforma delle modalità di collocazione dei titoli pubblici nel mercato secondario, l’abolizione del bail-in e la previsione di strumenti di bail-out ex-art. 47 Cost., e, pure ai sensi dell’art. 65.1, lett. b) TFUE, la possibilità per lo Stato interessato di adottare misure di controllo dei movimenti dei capitali per questioni di ordine pubblico e di pubblica sicurezza.

Senza questi ulteriori strumenti, che dovrebbero accompagnare la contestuale introduzione dei minibot, gli stessi rischiano di produrre più danni di quanti intendano risolverne, dando così ingiusta ragione a chi ritiene che la loro previsione possa avere un impatto negativo sull’economia italiana e sugli assetti finanziari dello Stato. Cosa purtroppo verosimile, se li si contestualizza in un sistema desovranizzato, nel quale la loro adozione e la loro efficacia non sono tutelate attraverso le ulteriori misure anzidette, che peraltro comportano una indubbia quanto salutare riaffermazione (seppure parziale) della legalità costituzionale.

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