Epistocrazia e suffragio universale

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Non voglio fare un discorso filosofico, ma c’è chi spinge affinché questo sia il tempo dell’epistocrazia, e cioè di quello che viene definito il governo dei “sapienti”: di chi sa, di chi comprende e dunque di chi, proprio perché ha tutti gli strumenti per capire, è in grado di prendere decisioni per se stesso e gli altri.

Inquietante, vero? Eppure è così. O meglio, è quello che le élite vorrebbero. Far credere alle masse che per il loro bene, sia necessario che i Governi siano retti da persone che “sanno”, nel senso di conoscere. L’idea – nemmeno tanto nascosta – è degradare i processi democratici, e dunque marginalizzare la volontà popolare degli strati più deboli e meno istruiti della popolazione. Anziché innalzare il livello culturale di chi vota (costa ed è pericoloso), è meglio ridurre – come in passato – l’accesso ai processi decisionali solo a chi può permettersi economicamente di acquisire la conoscenza.

Epistocrazia dunque è elitarismo. Il Governo dei pochi e sapienti, o meglio dei pochi che detengono il potere economico e le conoscenze tecniche e scientifiche, contro il Governo del popolo. Sicché, epistocrazia ed elitarismo fanno rima con tecnocrazia e oligarchia, e si contrappongono a democrazia.

Del resto, ogni giorno sentiamo dichiarazioni e opinioni che prendono di mira il suffragio universale, accusandolo di portare al Governo persone incapaci, xenofobe e razziste, e dunque antidemocratiche. Secondo chi espone queste (deliranti) opinioni, costoro sono incapaci di comprendere i meccanismi della democrazia. Il che è davvero un controsenso: denunciare derive antidemocratiche, limitando l’accesso ai processi democratici solo a chi è dotato degli strumenti per comprendere la democrazia, almeno secondo il filtro ideologico di chi fa questa valutazione.

Meri giudizi di valore “interessato”, come tali perfettamente opinabili e quasi mai corrispondenti alla realtà (anzi!), che non per questo sono meno utili (e pericolosi) per delegittimare l’architettura democratica e il concetto di partecipazione popolare alla selezione della classe dirigente. E’ un modo per dire: andrebbe pure bene il voto dato anche a chi non ha gli strumenti per comprendere, a patto che chi ha questo “privilegio” voti chi indichiamo noi, e cioè voti i sapienti, i tecnocrati, gli scientisti e via sgranando il rosario delle oligarchie autoreferenziali.

Epistocrazia in tal caso assume il significato di democrazia selettiva. E cioè un processo nel quale la legittimazione delle scelte democratiche è determinata da chi viene selezionato. Se la selezione sceglie chi non è gradito alle élite, e dunque ai detentori della presunta conoscenza e del potere economico, ecco che la democrazia è bad democracy, e cioè un processo negativo che richiede la ripetizione del gioco, perché qualcosa deve essere andato storto nella capacità delle élite di orientare la popolazione. Così è capitato con la brexit, con l’elezione di Trump, e persino con le politiche italiane del 2018. Esempi tutti di bad democracy, perché il popolo si è orientato su scelte non gradite alle élite.

Da qui l’idea di condannare le conseguenze delle scelte democratiche, additando la causa di quelle scelte nella scarsità intellettuali di chi è chiamato a farle. Ma in realtà, l’affondo vero è contro il meccanismo stesso che permette, a chi non ha (o avrebbe) la capacità di discernere, di influire sulle scelte fondamentali della nazione. E cioè alla democrazia e al suffragio universale. Sicché per gli epistocratici (consapevoli o meno) sarebbe necessario tornare a un criterio elettorale differenziato o esclusivo, magari per censo o per titolo di studio, ovvero preselettivo. Insomma, non più un suffragio universale, ma un suffragio intellettuale o economico, ovvero (meglio) entrambi.

Odiernamente sull’epistocrazia si è aperta la finestra di Overton. Cioè il dibattito è diventato accettabile in questi termini: davvero il suffragio universale è utile o invece è pericoloso? E qui si evocano strumentalmente le grandi dittature novecentesche, che secondo gli epistocratici sono state determinate proprio dal suffragio universale. Il che è una fandonia, visto che l’analisi storica sugli eventi del novecento (che qui si sorvola) evidenzia come i totalitarismi del secolo scorso furono il frutto di reazioni tutt’altro che democratiche o inserite nel solco del suffragio universale (che all’epoca tale non era). Il vero è che fa comodo agli epistocratici utilizzare questi eventi drammatici per delegittimare la democrazia popolare e le conseguenti costituzioni sociali nazionali. L’obiettivo è restringere la platea di chi deve decidere, onde sterilizzare i diritti sociali e restaurare così un sistema diseguale, oligarchico e autoreferenziale distinto dalle masse governate.

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