Green Pass e sistema dei crediti sociali

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Ultimamente leggo (e sento) che gli entusiasti dei vaccini anti-covid sono andati in un brodo di giuggiole quando codesto Governo ha introdotto il green pass per alcune attività, compresa l’attività scolastica e universitaria (v. DL 111/2021 e DL 105/2021). Un provvedimento, questo, che sconfessa clamorosamente la stessa Unione Europea, la quale, in una serie di norme e risoluzioni, ha affermato chiaramente che lo strumento, che dovrebbe servire a limitare la circolazione per fini di contenimento, non dovrebbe assolutamente creare discriminazioni verso chi, non vaccinato, non può o sceglie di non sottoporsi a vaccino (cfr. risol. UE 2361/2021 e Reg. UE 953/2021). Eppure, nonostante questo, i nostri sono andati diritti per la loro strada e gli entusiasti giù a elogiare questa scelta che loro definiscono di “libertà”.

Invero, il green pass, così come è stato proposto, invece non è certo uno strumento di libertà e, che piaccia o meno impedisce a chi è sano e abbia scelto liberamente di non vaccinarsi di accedere ad alcune attività e di esercitare il proprio diritto al lavoro, in piena violazione dei principi costituzionali fondamentali (cfr. art. 2, 3, 4 e 36 e ss. Cost.). Introducendo peraltro un obbligo vaccinale surrettizio, senza alcuna assunzione di responsabilità per eventuali effetti avversi a medio e lungo termine (visto che chi si sottopone a vaccino firma una liberatoria – seppure sul punto v’è giurisprudenza che apre alla possibilità di possibili risarcimenti anche in presenza di liberatoria).

Il credit social score

Per quanto mi riguarda, dietro il green pass, a lungo andare, potrebbe alimentare un sistema che va oltre la lotta al virus. E sono sorpreso che molti – soprattutto nel mondo accademico – non se ne accorgano e non riescano a vedere che il green pass (ma ancor prima la lotteria degli scontrini e il cashback) potrebbe costituire (ma speriamo di no) l’anticamera del sistema dei crediti sociali (o social score) molto in voga in certi sistemi politici.

Il sistema dei crediti sociali connette l’esercizio di un diritto (anche fondamentale, come la libertà di muoversi e di curarsi o di lavorare) all’adempimento di precisi “doveri”, tra i quali non sfugge la lealtà verso il regime dominante. E no, non è affatto una buona cosa. E non lo è, perché parliamo di un gretto sistema premiale di tipo repressivo paternalistico. Cioè di un sistema nel quale lo Stato stabilisce solo obblighi-doveri (che potrebbero persino essere iniqui o contro la dignità delle persone), all’assolvimento dei quali viene elargito un premio, una concessione, come per esempio potersi spostare, poter accedere a determinate attività, lavorare o addirittura poter fare un figlio.

Si parla dunque di un sistema nel quale le persone sono costantemente messe sotto pressione e sotto controllo e al quale lo Stato riconosce un premio qualora si comportino in un certo modo, o applica una sanzione qualora invece violino le regole stabilite. Immaginate qualcuno che parla contro il sistema, che critica o che non intende sottoporsi a leggi inique che violano la Costituzione, o semplicemente a persone che intendono esercitare il diritto di scegliere se sottoporsi o meno a un TSO dagli effetti ignoti. Queste persone, automaticamente, diventano dissidenti, reietti, meritevoli di essere emarginati nel migliore dei casi, o punite nel peggiore.

Un siffatto sistema è un sistema che ha poco a che vedere con le carte democratiche e in particolare con la nostra Carta fondamentale e con i suoi principi, avvicinandosi di molto a uno Stato etico, dove lo Stato stabilisce ciò che è eticamente giusto e ciò che è eticamente sbagliato, e il cittadino è un suddito da educare costantemente con il sistema del bastone e della carota (il social credit score, appunto).

Che il Green pass possa essere l’anticamera di un siffatto sistema non è certo. Come ho detto: spero non sia così. Però è chiaro che oggi se non ti vaccini non puoi ottenerlo. E se non ce l’hai, non puoi esercitare un diritto fondamentale come muoverti, lavorare, accedere ai musei, alle palestre, ai ristoranti (per ora solo al chiuso). E certo non conforta la possibilità di sostituire il vaccino con un tampone ogni 48 ore. Le ragioni sono evidenti: effettuare un tampone ogni 48 ore è estremamente sacrificante, psichicamente pesante ed è addirittura economicamente oneroso. Dunque, è una opzione che in realtà mira a fare pressione sull’interessato affinché scelga alla fine di vaccinarsi.

Come tutto ciò sia (o sarà) compatibile con la Costituzione del 1948, è davvero un mistero. E sono sorpreso da coloro (anche blasonati giuristi) che riescono – con evidenti forzature – a renderlo tale, argomentando su un ipotetico diritto alla salute collettivo, che non esiste, e non esiste primo perché l’art. 32, comma 1, Cost. parla di “interesse” alla salute collettiva, e poi perché – ammesso si accettasse l’idea che interesse e diritto siano sinonimi (e giuridicamente non lo sono) – nella norma citata si intende il diritto alla salute non già come diritto ad essere sani (individualmente o collettivamente), ma come diritto ad essere curati (dunque diritto alle cure con conseguente dovere dello Stato di approntare strutture e terapie per la guarigione). Diritto al quale non corrisponde certo alcun dovere di essere sani, e men che meno di farsi curare.

ADDENDUM: il sistema dei crediti sociali oggi è congeniale all’ideologia neoliberista, perché limita il godimento dei diritti fondamentali e l’esercizio di alcuni diritti (in futuro magari anche il diritto di sciopero o di voto), favorendo di fatto le élite capitalistiche che, attraverso il sistema premiale, rendono questi diritti recessivi, favorendo il ritorno della disciplina nelle fabbriche (demolizione dei diritti sociali e del diritto al lavoro come diritto umano fondamentale), e favorendo altresì una riduzione drastica della spesa pubblica, che si riflette negativamente sugli strati sociali medio-bassi e positivamente sui margini di profitto, sulla stabilità dei prezzi e sulle rendite da capitale, favorendo in ultimo la rinascita (perché di rinascita si tratta) di un sistema economico profondamente e socialmente discriminatorio e classista come quello ottocentesco. Ma forse, alla fine, è questo l’obiettivo delle élite capitalistiche occidentali.

ADDENDUM N. 2: questi pericoli sono stati denunciati recentemente dai filosofi Cacciari e Agamben in una recentissima lettera aperta che ha creato polemiche e di cui si condivide in pieno il suo contenuto. E’ altresì interessante la lettura del libro “Prove tecniche di totalitarismo” del professor Luca Marini (docente di diritto internazionale alla Sapienza di Roma). Del quale si condivide ciò che ha detto nell’intervista a La Verità di ieri.

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