I quattro pilastri della Sovranità

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Continuiamo questa nostra avventura nelle terre della sovranità, non tanto domandandoci quale sia la fonte della sovranità, perché senza scomodare la storia, la filosofia e persino i poeti, la sovranità inequivocabilmente trova la propria fonte nella Costituzione. Né però intendo riproporre il concetto cardine della sovranità, che ho già evidenziato nel mio precedente articolo che trovate qui (in attesa peraltro di rispondere alla domanda finale).

Qui, in realtà, vorrei affrontare qualcosa che ho già affrontato su Il Petulante, e cioè i quattro pilastri sui quali si regge la sovranità. In un’ottica costituzionale è importante capirlo. Perché se è vero che la sovranità appartiene al popolo, e che questa è esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione (attraverso il Parlamento e le leggi dello Stato, v. art. 70 e ss.), è anche vero che non è agevole capire in pratica cosa sia la sovranità. Quali siano, dunque, gli ambiti nei quali questa si esplichi.

Personalmente ho elaborato l’idea che la sovranità si sorregga su quattro pilastri. Immaginiamo quattro grosse colonne che sorreggono il tetto di un tempio greco. Ecco, più o meno è questa l’immagine: il tetto è la sovranità, le colonne che lo sorreggono gli ambiti in cui questa si esplica e si realizza.

Non credo però di dire nulla di nuovo. La sovranità è stata sviscerata e analizzata da fini e illustri giuristi, dagli storici, dai filosofi e dagli economisti. Però è interessante la sintesi sulla sovranità che l’idea dei quattro pilastri concede con indulgenza semplificante.

SOVRANITÀ POLITICA

E’ indubbiamente il primo pilastro. Forse è il più importante. La #sovranità politica consiste nel potere della Comunità di definire i suoi assetti istituzionali, i meccanismi di formazione delle norme e la composizione degli organismi preposti ad attivare quei meccanismi per dichiarare la volontà sovrana del popolo.

Dunque la sovranità politica è la capacità definitiva di convertire in atti normativi, e dunque coercitivi e vincolanti, la sovranità popolare, la quale elegge i propri rappresentanti (limiti e forme) nelle istituzioni preposte a tale funzione.

Va da sé che senza la sovranità politica, uno Stato non sarebbe tale. Non potendo definitivamente dichiarare la volontà popolare di cui è espressione, ma essendo gerarchicamente subordinato ad altra volontà, lo Stato diventa semi-sovrano: un ente intermedio tra chi ha la sovranità politica e chi invero non ce l’ha.

In un’ottica costituzionale, la sovranità politica appartiene alle Camere e al Governo. Questo perché entrambi hanno il potere di indirizzo politico (art. 70 e 95 Cost.), e cioè, nell’ambito dei loro specifici poteri (legislativo ed esecutivo), possono definire gli obiettivi e gli interessi della nazione che siano prioritari e preminenti, traducendoli in atti normativi (leggi, decreti legislativi, decreti legge, regolamenti).

SOVRANITÀ ECONOMICA

La sovranità economica richiede indubbiamente la sovranità politica, poiché la politica economica è decisa da chi ha il potere di indirizzo politico (Governo e Parlamento). Eppure, in un’ottica concettuale, la sovranità economica può avere dignità propria, soprattutto alla luce della Carta fondamentale, che definisce e disegna un preciso modello economico (altrimenti noto come modello economico costituzionale) che pone dei paletti precisi all’azione politica.

Sul punto emerge dunque che la sovranità economica comporta il diritto della Comunità-Stato di darsi un assetto economico preciso, che risponda alle particolari esigenze e alla conformazione economica di quella comunità. E’ un po’ come con gli abiti: non sempre un abito che sta bene su una persona, automaticamente sta bene su un’altra. Ma tant’è, senza voler anticipare troppo altre tematiche, e precisamente quelle strettamente legate alla Sovranità economica (mi riferisco all’Euro e all’Europa), è chiaro che questa regoletta è stata dimenticata dal legislatore degli ultimi trent’anni (sic!).

SOVRANITA’ MONETARIA

In realtà, la sovranità_monetaria è parte della sovranità economica. Non vi può essere – almeno modernamente – economia senza moneta, visto che la moneta è l’unità di misura degli scambi economici. Ma in un ragionamento che vede coinvolta la sovranità popolare, la sovranità monetaria è essa stessa un pilastro della sovranità, ciò perché il potere di battere moneta, di crearla dal nulla e di imporla ai consociati non necessariamente – almeno nei tempi moderni – è prerogativa dello Stato nazionale, pur dovendo appartenere di diritto allo Stato e dunque alla sovranità popolare.

La sovranità monetaria, comunque, comporta il diritto dello Stato sovrano di battere #moneta o di controllarne l’emissione. Attraverso la sovranità monetaria, dunque, lo Stato può controllare diversi fenomeni macroeconomici fondamentali: l’inflazione, il tasso di interesse sul debito pubblico e dunque i gangli vitali dell’economia della nazione. Soprattutto impedisce che lo Stato – ed è qui il dato fondamentale – sia condizionato nelle proprie scelte politiche dagli interessi legati alla alla finanza (i cosiddetti mercati).

Se però nella nostra Costituzione non v’è alcuna norma che sancisca in modo specifico la sovranità monetaria (ma vi fu chi tentò di introdurla – ne parlerò), è comunque vero che la nostra Carta, seppure moderatamente, sancisce il principio della repressione finanziaria attraverso la disciplina, il coordinamento, il controllo dell’esercizio del credito e la tutela del risparmio (cfr. art. 47, comma 2, ma anche art. 41, comma 2), la quale implicitamente evoca e richiede proprio la sovranità monetaria.

E’ bene dire che questa parte della Costituzione da anni è stata abbandonata, per via dell’adesione dell’Italia al Trattato di Maastricht, il quale ha imposto – e ora ve lo anticipo – un modello economico differente e totalmente opposto a quello costituzionale, ivi compresa l’introduzione della moneta unica. Va da sé, che entrambi hanno decretato la perdita della sovranità monetaria ed economica.

SOVRANITA’ MILITARE

La sovranità_militare, e più in generale la sovranità legata al controllo del territorio sovrano, implica il diritto-dovere dello Stato di difendere i propri confini, di controllare il territorio e tutelare in questo modo la comunità statale. Cedere la sovranità militare implica l’impossibilità per lo Stato di difendersi e di difendere i propri interessi, affidandosi ad altri per questo compito.

La nostra Carta conferma la sovranità militare, ma se da una parte impone il dovere di ogni cittadino di difendere la patria (art. 52 Cost.), dall’altra rigetta il militarismo (v. art. 11 Cost.). Inoltre garantisce, o meglio statuisce, che le forze militari siano informate allo spirito democratico della Repubblica (art. 52 cit.).

La sovranità militare peraltro non dovrebbe cozzare con il diritto-dovere dello Stato di stipulare alleanze militari per difendere se stesso dalle minacce esterne. Questo emerge dalla lettera dell’art. 11 citato che prevede, a condizioni di parità, limitazioni alla sovranità onde garantire un ordinamento che assicuri la giustizia e la pace fra le nazioni, che in alcuni casi può anche consistere in strutture che coordinino le attività militari sotto un unico comando alleato. E in realtà, dovrebbe essere questa la portata caratterizzante dell’art. 11, invece utilizzato impropriamente in altri contesti per cedere sovranità tout court a entità sovranazionali, come l’Unione Europea.

Il crollo totale o parziale di uno solo di questi pilastri, chiaramente, pregiudica la piena sovranità dello Stato e vanifica i processi democratici definiti nella Costituzione (o comunque nei principi fondamentali dell’ordinamento), poiché in tale caso non saranno più questi processi a stabilire le priorità economiche e politiche nell’interesse della nazione, ovvero a stabilire le modalità di difesa dei confini o di neutralizzazione delle minacce esterne, ma saranno i processi attivatisi altrove, in un contesto del tutto avulso dalle dinamiche costituzionali e democratiche, e dunque non necessariamente rappresentativi degli interessi nazionali e del popolo.

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