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La notizia è di ieri: la Corte Costituzionale tedesca blocca il Recovery Fund, su ricorso di un cittadino tedesco, ex appartenente ad AFD, chiedendo al Presidente della Repubblica di non firmare la legge.
Qui in Italia, naturalmente, i sovranisti tutti a gioire, me compreso. Ma è chiaro che non si tratta di un NO definitivo, per varie ed evidenti ragioni. E’ difficile immaginare, infatti, una sentenza che, con leggerezza, affonda quella che oggettivamente – visto il fallimento del MES – rimane l’unica vera occasione – dopo Maastricht – di piegare l’Italia, vincolandola per i prossimi trent’anni a politiche deflazioniste eterodirette da Bruxelles (qui le ragioni). E’ più probabile che i giudici tedeschi (che sanno bene cosa sia la sovranità tedesca), attraverso un affettato linguaggio giuridico, daranno il via libera con i dovuti moniti e paletti. Magari non subito, ma fra qualche mese, quando si vedrà meglio come si risolverà questo teatrino pandemico.
Intanto, è bene ricordare che Draghi rilancia, in sede di Consiglio, i famosi eurobond, che i tedeschi (questa volta tutti) vedono come fumo negli occhi, perché è chiaro ed è evidente che ai tedeschi piacciono parecchio gli onori derivanti dall’adesione all’Unione Europea e all’unione monetaria, ma non amano condividerne oneri. Così, mentre da noi si ciancia di Europa ed europeismo, sacrificando la piena sovranità della Repubblica, loro stanno lì a calcolare quanto può venirgliene di buono dall’unione, stabilendo limiti e paletti oltre i quali non si deve andare perché – giustamente – non venga violata la loro costituzione. Ed è evidente che gli eurobond (che no, non hanno nulla a che vedere con il Recovery Fund), prevedendo la condivisione del debito, vada oltre i limiti imposti dalla loro carta.
Dunque, la domanda è sempre la stessa: e se ci dicono di no? E se i tedeschi diranno “nein” agli eurobond, che si fa? Si rimane dentro un sistema dove il socio di maggioranza alla fine non è collaborativo (se non nei limiti dei vantaggi che può ottenere dalla collaborazione), oppure si prende atto che l’Europa politica unitaria non esiste, mentre esistono tante nazioni europee con le loro realtà economiche e le loro costituzioni?
Sensatamente, un paese che mette al centro gli interessi del proprio popolo, davanti all’ennesimo nein dei tedeschi, prenderebbe atto che l’Unione monetaria e politica è fallita. Ma questa – sappiamo – è una prospettiva che trova insensate quanto irrazionali barriere nel nostro paese. Sicché, covid o meno, siamo sempre al solito punto: i tedeschi a fare i loro interessi in Europa e pure noi a fare il loro, perché è chiaro che nel momento in cui seguiamo Berlino nel loro piano di egemonizzare il continente, ostinandoci a non vedere il fallimento del progetto europeo, l’Italia non sta facendo i propri interessi, non sta seguendo la propria vocazione di potenza economica, ma sta ritagliandosi un ruolo di gregario nell’affermazione del dominio tedesco sul vecchio continente. E nel peggiore dei modi: sacrificando la propria storia, la propria sovranità nazionale, la propria economia, gli interessi del popolo italiano e ciò che riunisce tutto ciò, la carta costituzionale del 1948.