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Da trent’anni ormai sappiamo che il mantra è sempre lo stesso: “abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità”, “dobbiamo tagliare sprechi e inefficienze”, e il non plus ultra, “i vecchi rubano il futuro ai giovani”. Ebbene, per quanto tutti siano strettamente connessi fra loro, essendo le diverse sfaccettature del medesimo prisma neoliberista, mi vorrei soffermare sull’ultimo: i vecchi rubano il futuro ai giovani.
Capita spesso di leggere sui social e in giro per il web articoli e status che veicolano questa assurda quanto irrazionale accusa agli anziani, e in particolar modo agli anziani percepenti una pensione. “Ci rubano il futuro” … “per pagare le loro pensioni, lo Stato non investe nei giovani”, quasi che pagare una pensione impedisse veramente allo Stato di creare una società a misura di giovane. O peggio, come se uno Stato non dovesse preoccuparsi (troppo) degli anziani e creare – appunto – una società solo a misura dei giovani.
Coloro che sostengono questa tesi, delle due l’una: o sono parte della propaganda neoliberista, e dunque coscientemente veicolano la propaganda del conflitto intergenerazionale affinché i giovani, i destinatari di questa propaganda, si bevano sul serio la “tesi” secondo la quale i vecchi stanno rubando il loro futuro, oppure sono le vittime di questa propaganda, quei giovani cioè, che diventati a loro volta i vettori che trasportano l’infezione del conflitto intergenerazionale, lo propagano ai loro coetanei. In ogni caso, l’obiettivo virale è sempre lo stesso: demolire i diritti previdenziali, che fanno parte del più ampio contenitore dei diritti sociali. I giovani votano (anzi, qualcuno vorrebbe che votassero solo loro), dunque si spera che, imbevuti della propaganda del conflitto intergenerazionale, votino quei partiti (neoliberisti) che propongono nel loro programma la riduzione della spesa previdenziale, fino al suo totale azzeramento in nome del “privato è bello”, con conferimento dell’incombente a società finanziarie, assicurazioni e fondi di investimento previdenziale privati.
Dunque, l’obiettivo ultimo è la privatizzazione del sistema previdenziale con conseguente riduzione o azzeramento delle prestazioni sociali pubbliche. L’anziano in questi termini si ritroverà privo di protezione sociale e sarà costretto a lavorare fino al limite delle proprie forze e dunque fino a tardissima età, per poi gentilmente ritirarsi in un cimitero, salvo, naturalmente, non abbia pagato fior di quattrini ai fondi pensione privati per avere una rendita che comunque sarà assai modesta in un sistema economico-sociale dove le prestazioni – comprese quelle sanitarie – saranno del tutto privatizzate e dunque a pagamento.
Il risultato sarà quello di avere una società profondamente diseguale con un ampio divario tra ricchi e poveri, tra quei pochi anziani che si potranno permettere una pensione decente e i moltissimi anziani che invece non ne avranno e saranno costretti a rivolgersi ai centri di solidarietà per i poveri o semplicemente a morire nei tuguri o nel letto di qualche famigliare ben disposto a mantenerlo in vecchiaia (sempre che possa permetterselo).
Ecco, i giovani che oggi si lasciano sedurre e intortare dalla propaganda del conflitto generazionale (“i vecchi rubano il futuro ai giovani”), in realtà si stanno scavano la fossa previdenziale da soli. Perché in questo caso, non sono i vecchi che uccidono il loro futuro, ma sono loro stessi che lo stanno strangolando per favorire la rendita finanziaria, che considera la previdenza (così come la sanità) un ambito altamente remunerativo che deve essere sottratto allo Stato, e dunque al controllo democratico e ai i principi di solidarietà ed equità, per essere conferito a quel privato che ne potrà trarre ampio e lauto profitto.
In altre parole, i giovani stanno dimenticando che un giorno saranno loro stessi quei vecchi che oggi considerano “ladri di futuro”. Dunque, demolendo i diritti previdenziali dei loro padri e dei loro nonni, stanno demolendo il loro futuro previdenziale, le loro aspettative per una vecchiaia serena, che (beffardamente) finiranno per conferire a una società privata, la quale, sulla previdenza, intende farci solo dei grassi profitti, senza alcun interesse a tutelare l’equità e l’eguaglianza sociale (il profitto non va mai d’accordo né con l’una né con l’altra). Così, molti di quegli stessi giovani che oggi considerano le pensioni degli anziani “un furto generazionale”, saranno privi di pensione, e non a causa dei vecchi che hanno rubato loro il futuro, ma a causa di loro stessi che hanno mandato al governo quelle forze politiche neoliberiste che poi hanno proceduto, in nome del conflitto intergenerazionale (pura propaganda), alla cancellazione di un diritto sacrosanto: quello a una pensione dignitosa riconosciuta a un’età decente.
Dunque – come già detto – dietro la propaganda del conflitto intergenerazionale si nasconde in realtà l’ideologia neoliberista che intende demolire le conquiste sociali del ‘900 e intende ripristinare un sistema economico-sociale profondamente diseguale, censuario, elitario, molto simile a quello ottocentesco. Questo sistema peraltro riflette le tesi malthusiane della limitazione delle risorse delle quali devono godere solo i ricchi e i benestanti, mentre il resto della popolazione (la maggior parte) deve solo preoccuparsi di lavorare per un tozzo di pane e morire il prima possibile, in quanto defraudatrice di quelle risorse. Da qui, l’apertura alle ideologie nichiliste come il controllo delle nascite, l’aborto e l’eutanasia, contrabbandati come diritti civili, i quali – puntualmente – si rivelano per quel che sono: diritti cosmetici strumentali al malthusianesimo e al sistema economico neoliberale, in opposizione ai diritti sociali.