Il vero destinatario delle sanzioni alla Russia? L’occidente

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In un altro mondo e in un altro paese, non ci sarebbero state sanzioni contro la Russia. E per due semplici ragioni: 1) la Russia è il nostro principale fornitore di materie prime essenziali (gas, petrolio e grano); 2) le nostre mancanze internazionali. Il conflitto russo-ucraino era, infatti, un epilogo prevedibile, e non da oggi, ma da tempo; quanto meno dal 2014. In questi anni, l’Europa ha fatto “zero” per prevenire il conflitto. Indignarsi ora e chiudere qualsiasi rapporto commerciale con la Russia, risulta così non solo ipocrita, ma anche inutile ed estremamente dannoso. E non per i russi, ma per noi occidentali.

Forse, però, alla fine, nei meandri del potere politico occidentale e delle elite finanziarie che lo dominano, questo epilogo non solo è stato accettato da tempo, ma pure auspicato. Del resto, il sospetto, se già si era affacciato nella nostra mente con la pandemia e la transizione green, oggi si rafforza, guardando alle sanzioni contro la Russia. E’ innegabile che questi fatti aprono autostrade all’obiettivo della decrescita economica del vecchio continente. Se così non fosse, non si spiegherebbe perché la UE non si sia proposta come mediatrice tra Russia e Ucraina, ma si sia messa dalla parte dell’Ucraina, chiudendo occhi e orecchie alle ragioni russe e prodigandosi nell’imporre sanzioni che – curiosamente – vanno a danneggiare per prima l’economia dei suoi Stati membri.

Per cui, dal punto di vista delle élite, non tutto il male vien per nuocere. La crisi ucraina sembra presentarsi come la migliore occasione per imporre le rigide politiche dell’austerity energetica e alimentare. E per chi mi chiede il perché, le ragioni sono sempre le stesse da che l’uomo calca il proprio piede su questo pianeta. Il potere, il dominio sulle masse, e l’idea che le masse devono vivere per lavorare e produrre, ma non possono aspirare al benessere. Devono nascere povere, devono vivere povere e devono morire povere. Le élite invece devono vivere nell’agiatezza economica, in luoghi confortevoli, salubri e puliti. Il benessere diffuso indebolisce le élite e impone una condivisione delle risorse che ha enormi costi che erodono il potere e i privilegi elitari. Il mondo a cui aspirano, per farla breve, è il mondo dello zio avaro dickensiano e della piccola fiammiferaia.

La decrescita economica, basata sull’emergenza climatica, sanitaria o (para)bellica, intende dunque ricostruire una struttura sociale dove le profonde diseguaglianze di classe tornino a essere un pilastro imprescindibile della convivenza. Una restaurazione che oggi, peraltro, ha dalla sua parte un forte alleato (inesistente nell’ottocento): la digitalizzazione, che permette il controllo sociale da remoto e neutralizza l’idea dei diritti umani innati e assoluti, tipica delle democrazie costituzionali. Ne abbiamo avuto già un assaggio con il green pass che condiziona libertà e lavoro a un’autorizzazione del potere esecutivo.

Le sanzioni alla Russia, dunque, lungi dall’essere davvero un modo per convincere Putin dal proseguire la propria campagna bellica sul suolo ucraino (e infatti, anche se la crisi si risolvesse, scommetto che le sanzioni non verrebbero tolte), assomigliano sempre più a un chiaro modus operandi delle élite occidentali per imporre, col più ampio consenso possibile, l’austerità energetica e alimentare che potrebbero portarci nei prossimi anni a un regresso socio-economico che finirà per imporre, giocoforza, trasformazioni sociali e politiche del tutto inaspettate, che sempre più ci allontaneranno dal benessere diffuso e dalla democrazia.

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