— Lettura in 3 min.
Tagliamo la testa al toro. La Lega, per quanto mi riguarda e per quel che leggo e ascolto, non è più anti-euro. O almeno non lo è più nei termini in cui immaginiamo un partito che vuole uscire dalla moneta unica per ripristinare la legittima sovranità monetaria e sia intenzionata a fare di tutto per conseguire il risultato. E questo perché la Lega, una volta arrivata al Governo (seppure con il suo 17% e con un contratto che non prevede l’exit), ha abbandonato l’idea di uscire dalla moneta unica orientandosi semmai sull’idea che l’Europa si cambia da dentro, che vuol dire tutto e non vuol dire nulla. Soprattutto non vuol dire nulla.
Ma per capire meglio quello che voglio farvi intendere, voi riuscite a immaginare Nigel Farage che prima avesse parlato di uscire dall’Unione Europea e poi, una volta eletto al Parlamento Europeo, avesse iniziato a dire che no non si esce più dalla UE ma la si cambia da dentro? Gli inglesi che lo hanno votato lo avrebbero mandato diritto a quel paese e sicuramente non ci sarebbe stato alcuna brexit, perché l’UKIP sarebbe naufragato presto. Nigel Farage invece ha continuato a predicare l’uscita là dove ha potuto: nei comizi, nei salotti TV, persino nel Parlamento Europeo. In ogni dove lo hanno chiamato, lui, imperterrito, ha mantenuto la sua linea: dall’Unione Europea si esce.
Invece Salvini? Ha iniziato con la campagna no-euro (di cui abbiamo un’immagine) e poi l’ha finita con “dall’euro non si esce, l’Europa la si cambia da dentro” (uno per tutti, il video di Askanews che trovate qui).
Dunque, il mio dito non è tanto puntato verso il contratto di Governo che non prevede l’uscita dall’euro, ciò perché sono consapevole che un accordo politico è sempre frutto del compromesso, quanto piuttosto è puntato sulla rinuncia integrale alla comunicazione euroscettica e al tema italexit. Del resto, si potrebbe anche dire: uscire dall’euro non è nel contratto perché i 5S non lo vogliono, ma noi non rinunciamo alla prospettiva in futuro e dunque faremo di tutto per conseguirla e per far capire agli italiani che la moneta unica è sbagliata. Il mio dito, ergo, è puntato sul fatto che la Lega abbia rinunciato all’informazione euroscettica; abbia cioè rinunciato a far comprendere agli italiani che la moneta unica è dannosa per la nostra economia e che la Lega farà di tutto per conseguirla appena avrà i voti sufficienti per realizzare l’italexit.
Invece niente di tutto ciò. Una buona parte degli italiani (non sto lì a dire le percentuali che cambiano costantemente) continua seriamente a credere che l’euro abbia fatto bene alla nostra economia e sia ormai irrinunciabile se non addirittura irreversibile. Nei salotti TV e persino nelle sedi istituzionali o nei convegni, si ribadisce che l’obiettivo è cambiare l’Europa da dentro e l’uscita è esclusa. Di italexit di fatto non si parla più, nemmeno a livello comunicativo e culturale o di dibattito. Non ci si sforza in alcun modo di rendere bulgare quelle percentuali euroscettiche. Anzi, quasi ci si sforza di rafforzare l’idea opposta, affermando che l’euro non si tocca e che semmai l’Europa si deve cambiare dall’interno.
Ma come si può realmente credere che l’Europa si possa cambiare da dentro? E se anche si potesse, ci vorrebbero almeno uno o due decenni, e consensi bulgari, per farlo. Non sarebbe sufficiente avere un gruppo agguerrito nel Parlamento europeo, sarebbe necessario avere in mano il Governo nazionale (e il deep state) e stoppare con i veti qualsiasi iniziativa che andasse verso un’ulteriore integrazione europea. In altre parole, cambiare l’Europa da dentro risulta essere più complicato di un’eventuale uscita dalla moneta unica. Nessuno dotato di un intelletto medio, può davvero credere che un cambiamento dall’interno, senza il consenso di Francia e Germania e/o un Governo nazionale autorevole e determinato in tal senso, sia minimamente possibile.
La Lega però ritiene immediatamente realizzabile l’autonomismo differenziato, e cioè il progetto con il quale si intende conseguire la macroregionalizzazione dell’Italia. La discrasia programmatica tra l’obiettivo abbandonato di italexit e quella in procinto di essere invece realizzata di autonomismo delle regioni del nord, suggerisce che il leghismo originario, quello nordista, abbia ripreso il sopravvento nella Lega salviniana. Non solo quel leghismo non intende uscire dalla moneta unica perché guarda al nord del nord, e cioè all’economia tedesca, ma addirittura vede il sud come un “peso” del quale liberarsi attraverso l’autonomismo differenziato.
Salvini può rimettere in gioco tutto, naturalmente. Può rivoltare la frittata e riprendere in mano il vessillo anti-euro, salvando l’unità nazionale. Ma mi domando: lo farà mai? E se lo farà, lo farà giusto il tempo di recuperare un po’ di consenso per le elezioni europee e forse per le imminenti elezioni politiche, oppure lo farà in modo definitivo e radicale, emarginando definitivamente i nordisti dal partito? Sono domande alle quali non posso dare risposte. Chi però crede oggi che la Lega abbia qualche piano nascosto per conseguire l’italexit, non si illuda. Non ne ha, e il Salvini che vuole cambiare l’Europa da dentro, lasciando intatto l’euro e il sistema ordoliberista, è un Salvini – mi pare – sinceramente convinto della bontà del progetto. Dunque, il leghismo odierno non è poi tanto dissimile da quello dei tempi d’oro che immaginava un’Italia macroregionalizzata in un’Europa delle regioni. Il resto è solo chiacchiera.