La sovranità monetaria in Costituzione

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In verità, nonostante il titolo, non esiste nella nostra Costituzione una norma che sancisca in modo specifico la #sovranità monetaria[1. In ogni caso, seppure non esista una specifica norma costituzionale che affermi la sovranità monetaria, è evidente ed è incontestabile che essa è ricompresa nel potere sovrano tout court, sancito all’art. 1 nella locuzione: “La sovranità appartiene al popolo” (v. qui e qui).]. Però, avrebbe potuto esserci. O almeno, avrebbe potuto esserci una norma che attribuisse al Parlamento il potere di autorizzare l’emissione di moneta e dunque di limitare, attraverso questo potere autorizzativo, il potere del Governo o della banca emittente.

La proposta – per alcuni considerata bizzarra – fu avanzata in #costituente dall’on. Antonio #Romano, e consisteva in sintesi nel potere assegnato al Parlamento di autorizzare l’emissione di #moneta; in altre parole, senza questa autorizzazione, il Governo o la banca emittente (la Banca d’Italia) non avrebbe potuto battere moneta (ed emettere biglietti).

Se qualcuno però pensa che la proposta dell’on. Romano venne fatta per garantire l’emissione illimitata, sbaglia di grosso. L’autorizzazione del Parlamento fu auspicata proprio per porre un freno all’emissione incontrollata che avrebbe potuto minare la fiducia dei mercati. Qui il passaggio chiave, direi #ordoliberale, del pensiero dell’onorevole costituente:

… Tutto ciò mi ha indotto, col conforto del precedente avanti accennato, a proporre una norma che possa costituire un freno alla circolazione cartacea. Nell’emissione della moneta il legislatore deve preoccuparsi di costringere il Governo ad una condotta seria. La carta moneta è un credito, fonte di questo credito è la fiducia. Le industrie, l’agricoltura ed il commercio ruotano intorno a questa fiducia…

E’ un paradosso, dunque. Sovranità monetaria al Parlamento, ma per garantire i #mercati. E non è un caso che Romano poi affermi:

… Quando un Governo intende preparare una guerra fa prima girare il torchio e con la carta-moneta mette in moto gli alti forni. Allo stesso espediente ricorre quando vuole attuare un protezionismo industriale … Il Parlamento, rimasto estraneo a questi atti, che incidono nella vita del Paese, viene a trovarsi in un secondo tempo di fronte al fatto compiuto. Penso quindi che sia doveroso controllare l’emissione della carta moneta, giacché la fiducia nella moneta è in rapporto alla condotta più o meno seria del Governo. Controllare questa condotta è dovere dei Parlamenti…

Emerge dunque una certa assonanza tra la proposta di Romano e il costrutto ideologico dell’#euro, che fonda le proprie ragioni proprio sulla fiducia dei mercati. Se la norma fosse passata, questa avrebbe potuto rappresentare un serio ostacolo alle politiche economiche anticicliche attuate poi negli anni successivi e che hanno posto le basi per il boom economico degli anni ’60.

Vero è, d’altra parte, che la presenza dell’abortito 90bis avrebbe però impedito la cessione della sovranità monetaria all’Unione Europea (e dunque l’esternalizzazione del torchio), salvo una eventuale abrogazione della norma con il procedimento ex-art. 138 Cost. (ammesso fosse stato possibile utilizzarlo in questo contesto).

La proposta non passò. Nei lavori preparatori in realtà non emergono le ragioni per le quali l’iniziativa dell’on. Romano venne bocciata. Ma è facile immaginare che queste ragioni potevano essere legate proprio a evitare che il Parlamento fosse un ostacolo alle politiche economiche del Governo, in un contesto economico e monetario dove le decisioni di politica economica devono essere assunte con una certa tempestività. 

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