Obbligo vaccinale e Costituzione. Breve riflessione

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La questione vaccini è un campo minato. Da una parte abbiamo chiare manifestazioni di scientismo che vedono e impongono una scienza dogmatica e taumaturgica, e cioè in grado di per sé, nella sua assoluta presunta infallibilità, di risolvere tutti i problemi umani, e dall’altra abbiamo la diffidenza di chi, davanti alla scienza scientista, crede (non sempre a torto) che dietro di essa si nasconda l’ennesimo turpe business a danno della salute.

Ma la verità, probabilmente, sta nel mezzo. Nel senso che, seppure sia vero che oggi si assiste a un regresso della scienza verso posizioni scientiste e dunque ideologiche, sicché solo l’uomo di scienza è l’unico in grado di dettare soluzioni politiche al problema della salute umana, è anche vero che l’eccessiva diffidenza di una parte della comunità nei confronti della scienza sta assumendo toni paradossali e una piega surreale.

Nel caso dei vaccini, più o meno è questo lo stato dell’arte. E certo non aiuta alla composizione della frattura, l’obbligo vaccinale. In parte perché tale obbligo fa emergere, in tutta la sua evidenza, la tendenza “scaricabarile” che pervade attualmente la nostra classe politica, incapace di prendere una decisione politica nell’interesse generale che non scada nel mero scientismo, e poi perché l’obbligo di per sé non è risolutivo, poiché offre risultati incerti e in alcuni casi controproducenti. E poi perché rafforza ancora di più il senso di diffidenza della comunità nei confronti del metodo scientifico, della ricerca scientifica e dunque della capacità della scienza di ricercare e offrire soluzioni (pratiche e non ideologiche) ai problemi della salute.

La chiave risolutiva sta nella Costituzione. Ancora una volta i padri costituenti avevano visto bene, quando elaborarono i principi costituzionali, che se da una parte affermano (art. 32 Cost.) che nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario obbligatorio (TSO), se non per disposizione di legge, là dove questa legge non deve comunque violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana, dall’altra garantiscono il diritto allo studio (art. 34 Cost.), non potendosi, sempre per legge, escludere determinate categorie di soggetti da tale diritto (che non riflette necessariamente l’obbligo scolastico) sul presupposto del mancato adempimento di un trattamento sanitario obbligatorio.

Qui dunque non si vuole discutere dell’efficienza o degli effetti collaterali dei vaccini, bensì si vuole discutere dell’opportunità della loro imposizione per legge, che stride in modo conclamato con il dettato costituzionale, ciò poiché – e lo si ribadisce – il trattamento sanitario obbligatorio è tanto giustificato quanto è concreta e individuale la situazione di pericolo per la salute connessa alla sua mancata attuazione, sicché il TSO appare come l’unica soluzione praticabile (extrema ratio) per tutelare la salute dell’individuo. In assenza di un immediato, personale e concreto pericolo, il TSO non sembra essere giustificato costituzionalmente. Anche perché, se il TSO fosse ammesso a prescindere, come provvedimento generale e astratto, si tradurrebbe nel suo opposto, e cioè in un danno alla salute.

E’ evidente che davanti a questo aspetto giuridico (e non scientifico), mancano gli strumenti culturali nella classe dirigente per comprendere che l’obbligo vaccinale (ma è così per qualsiasi trattamento sanitario obbligatorio) comporta sempre la violazione dei principi costituzionali attinenti alla tutela della integrità della persona fisica. L’art. 32 Cost. impone in capo alla Repubblica la tutela della salute, che si traduce esclusivamente nel diritto alle cure, e non già in un supposto diritto-dovere dello Stato di imporre un qualsivoglia obbligo vaccinale.

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