Obiettivo giallorosso: l’elezione del Presidente della Repubblica

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Che qualcuno non si illuda. A mio avviso l’intesa “giallorossa” non è nata oggi né nascerà domani. Cuoce in forno già da un pezzo. Da quando cioè i grillini hanno fatto un’inversione a “U” sui rapporti con l’Europa (sposando la linea “lealista”) e sulla gestione degli immigrati (aderendo del tutto a quella immigrazionista dell’ala sinistra del movimento). La TAV e l’autonomismo differenziato hanno poi fatto il resto, ampliando il solco e la distanza tra le due anime (affatto sovraniste) del Governo.

In questo contesto, i due partiti hanno perso di vista (sempre che l’abbiano mai avuta) la ragione iniziale della loro unione e hanno più o meno consapevolmente favorito il rafforzamento del “terzo partito”, e cioè del deep state eurista che in questi mesi ha lavorato con loro, ma contro di loro, fino ad alimentarne la rottura.

Ma non è tanto l’analisi della crisi gialloverde che vorrei raccontarvi, quanto il suo epilogo e le ragioni che oggi spingono chiaramente verso un’alleanza di legislatura giallorossa: l’elezione del Capo dello Stato. Nuove elezioni infatti, rischiano di “consegnare” il Parlamento alla Lega, con la conseguenza che il prossimo capo dello Stato verrebbe eletto proprio da una maggioranza leghista. E nessuno, da Bruxelles, fino all’ultimo dirigente eurista vorrebbe che ciò accadesse. Dunque ecco la ragione ultima dell’intesa, benedetta da tutti i giornaloni e da Bruxelles.

Dunque la partita è ben più importante del rischio di esercizio provvisorio con lo scatto delle annesse clausole IVA (scuse di propaganda). E riguarda, in prospettiva, la tenuta della linea eurista (in tutti i sensi) per i prossimi dieci anni. Per quanto infatti la Lega non sia un partito che predica il ripristino della legalità costituzionale, è comunque un partito moderatamente euroscettico, che non piace ai mandarini di Bruxelles, e certo non ai tedeschi e ai francesi, che oggi si affannano (ma guarda un po’) nel perorare le ragioni del no alle elezioni, ingerendosi indebitamente negli affari interni del nostro paese.

Ecco, perché l’alleanza non è nata oggi né nascerà domani, ma è già stata definita nel suo obiettivo principale. Il resto è contorno, è spettacolo, che certifica semmai che la rottura di Salvini sia in realtà la lata conseguenza di un’intesa alla quale si stava lavorando già da tempo, che mira (nelle intenzioni) a consolidare la fedeltà all’Unione Europea e gli equilibri politico-istituzionali dei prossimi anni, magari con Draghi a Palazzo Chigi e Prodi o Cassese al Quirinale. Che poi quest’intesa duri e raggiunga l’obiettivo, è un altro discorso che qui non intendo fare.

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