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Non sembra, ma probabilmente è così. L’Europa è una costruzione hayekiana. E’ frutto di un’elaborazione politica ed economica che affonda le proprie radici nel puro neoliberismo che fa da sfondo ideologico al progetto USA di egemonia sul continente in un’ottica di superamento delle democrazie costituzionali e del loro welfare.
Il pensiero di Von Hayek – trovato su Orizzonte48, che però far riferimento all’interessante articolo tratto da qui, che commenta a sua volta il libro di Wolfgang Streeck, Tempo Guadagnato – è piuttosto eloquente. Nel suo saggio del 1939, The Economic Conditions of Interstate Federalism, Hayek fa un ragionamento decisamente illuminante, quando davanti alla prospettiva della nascita di una federazione, egli rileva che l’unione di nazioni con economie diverse, implica la perdita per quelle nazioni del controllo sulle loro economie, e dunque della possibilità che gli Stati nazionali possano intervenire nelle dinamiche economiche per correggere le “storture” anti-sociali.
Per Hayek la strada maestra per instaurare una struttura politica neoliberista (che io definirei dittatoriale) è la federazione tra Stati disomogenei. In tal caso, infatti, verrebbe meno la mediazione dei contrapposti interessi che portano uno Stato a intervenire positivamente nell’economia, ciò perché l’accentramento del potere effettivo nella sovrastruttura nazionale (i cui referenti sono i mercati) impedisce che questo potere sia capace di mediare fra gli stessi, in ragione del fatto che le nazioni “federate” sono talmente disomogenee che sarebbe difficile ottenere un effettivo risultato.
Salta all’occhio l’implicazione. Se una federazione vuole rafforzarsi è necessario che quella federazione disarticoli i processi democratici (o meglio, li atrofizzi e li renda del tutto inutili) e imponga paritempo regole condivise che assicurino in primo luogo la libera circolazione dei capitali e un divieto di intervento dello Stato nell’economia.
Notate come questa ricostruzione si adatti perfettamente all’Unione Europea?
Ora è chiaro che per alcuni potrebbe apparire arduo affermare che Hayek sia il padre dell’Unione Europea, ma è altresì vero che egli ne è certamente il più grande ispiratore nel perseguimento dell’obiettivo post-bellico di costruire in Europa un nuovo ordine liberista nel quale la democrazia tornasse a essere quella dell’ottocento: una democrazia puramente formale. Luciano Barra Caracciolo, nell’articolo sopra linkato, identifica la sottile linea di connessione precisa tra Hayek e il costrutto europeo. Leggiamolo:
In termini più espliciti: von Hayek propone un radicale modello che, al di là della sua intrinseca bontà e praticabilità, quando è adottato dai suoi “realizzatori politici”, esige di tener conto della realtà storica delle Costituzioni democratiche pluriclasse affermatesi in tutto il continente europeo (più o meno) nel “secondo dopoguerra”. Perciò quello che premette ai fondatori di Maastricht era:
a) di fissare dei fini. In particolare la “forte competizione”, che desse risalto al sistema di formazione dei prezzi come fulcro ordinativo di una società “efficiente” e libera (nella visione esplicita hayekiana) nonchè la “stabilità dei prezzi” stessi, cioè il controllo assolutamente prioritario dell’inflazione (altro “valore assoluto” hayekiano, certo ripreso da tutta la teoria economica che si pose sul suo solco). In tal senso basti vedere non solo la formulazione, ma la stessa prassi applicativa “inderogabile” e priva di mediazione con cui è stato inteso l’art.3 del trattato istitutivo dell’Unione;
b) stabilire gli opportuni strumenti strategici: su tutti, nonostante la “apparenza”, e per le ragioni storiche qui più volte indicate, la banca centrale indipendente, considerata, a torto o a ragione, la cinghia di trasmissione di quella “disciplina salariale” che Hayek ritiene un presupposto indispensabile del “nuovo ordine”. E quindi poco importa, in chiave strumentale, che egli non ne sia stato il diretto teorizzatore (ma anche su questo la conclusione non è affatto scontata).
Tutto questo del resto dimostra pure il perché Unione Europea e democrazia non siano compatibili e non siano compatibili Unione Europea e piena occupazione e solidarietà sociale. La ragione è semplice: piena occupazione e solidarietà sociale (welfare), richiederebbero in primo luogo una Costituzione europea (e sappiamo come è andata a finire) e che questa Costituzione sia votata e approvata da un’assemblea costituente europea che – giocoforza – dovrebbe appunto mediare tra le realtà nazionali e le contrapposte e incompatibili visioni politiche e ideologiche delle stesse. Cosa realisticamente impossibile che dimostra come le conclusioni di Von Hayek siano corrette.
Dunque resta solo un’architettura tecnocratica ordoliberista che, inseguendo le teorie neoliberiste hayekiane, tenta di realizzare un sistema socio-economico sovranazionale nel quale domina il mercato (finanziario); dove la società e lo Stato si piegano alle esigenze del mercato e mai viceversa. Del resto lo vediamo nel quotidiano: lo Stato che deve subire i vincoli di bilancio europei e non può oggettivamente intervenire nelle dinamiche economiche, anche quando ciò sarebbe costituzionalmente previsto. E’ chiaro che questa realtà ha ben poco a che vedere con le leggi dell’economia (comunque leggi umane e dunque controvertibili), quanto con un’ideologia politica altamente disegregante e distruttiva. Quella neoliberista.