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Ancora una volta mi occupo di “destra” e “sinistra” e del fatto che siano un non sense, almeno nell’attuale contesto storico-politico. Ciò perché sia l’una che l’altra lavorano fondamentalmente per la stessa ideologia: il liberismo. Sicché, dirsi di “sinistra” o di “destra” oggi non vuol dire assolutamente nulla, se non per rimarcare differenze cosmetiche o comunque fondamentalmente inutili, poiché sullo sfondo l’ideologia è identica.
Prendiamo la cosiddetta “sinistra”. Ebbene, oggi la sinistra è solo un’espressione liberal e radicale, riflettente il liberismo economico sovrapponibile al radicalismo libertario. E’ assente del tutto la componente sociale, se non nei termini di “emancipazione” dell’individualismo più gretto e strumentale al capitale. Nell’ottica di questa sinistra, vengono dimenticate persino le regole basilari della democrazia popolare (additata non a caso come “populismo”), sicché essa – la democrazia – viene considerata manifestazione “fascista”, perché non controllabile dalle élite. In questi termini, emerge un profondo disprezzo per gli esiti elettorali, qualora non coincidano con il volere e i desiderata delle élite; al contrario, vengono esaltati come prova di democrazia, qualora l’esito è quello coincidente con gli interessi elitari. In ogni caso, se l’esito è a favore (e in alcuni casi anche qualora non lo sia ed esiste comunque il controllo del potere), vengono assunte decisioni che spesso si rivelano come opposte e contrastate dal popolo, considerato all’uopo da disciplinare e da ammaestrare. Questo genere di sinistra ostenta una ipocrita missione salvifica, nei termini però di salvezza del capitale dalla democrazia popolare e mai viceversa.
Quanto alla cosiddetta “destra”, concettualmente essa è una categoria cangiante, perché seppure generalmente corrisponda alla “conservazione” e alla “reazione”, e dunque alla preservazione dello status quo socio-economico – che normalmente coincide con lo stato liberale – oggi ha assunto connotati “populisti”, coincidenti con quelli della sinistra socialista. Sicché viene contrapposta alla sinistra liberal-liberista in chiave di tutela dell’identità e dell’interesse nazionale. Con il paradosso (ma mica tanto) che la sinistra oggi è la vera destra (intesa come reazione e conservazione dello status quo liberale transnazionale), mentre la destra assume alcune connotazioni di sinistra (in quanto spinge verso istanze populiste e anti-elitarie), aggiungendovi però i tratti marcatamente identitari (volgarmente definiti, non a caso dalla sinistra liberal-liberista, “nazionalistici”). Ma ciò non inganni, perché questo genere di “destra”, tutto sommato, tende a sfruttare la propaganda nazionalistica e populista per veicolare comunque le stesse “ricette” liberiste che trovano sponda nella sinistra liberal-liberista, sicché la scelta dell’uno o dell’altro campo è – come detto – una scelta cosmetica, cioè basata su differenze di dettaglio più che sull’assetto valoriale di fondo. L’identitarismo della destra infatti non ha grande senso ed efficacia pratica, se nel mentre vengono propugnate ricette liberiste. Così come, al contrario, il socialismo della “sinistra” è solo retorico, se paritempo vengono propugnate le medesime ricette liberiste proposte dalla “destra”.
Questo ci fa capire che la scelta dell’uno o dell’altro campo ideologico, in realtà, non è una vera scelta, perché la matrice valoriale di fondo è appunto sempre quella liberista. Difendere a parole il diritto al lavoro, e nel mentre ignorare la Costituzione economica, proponendo tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni e globalizzazione (con ampie cessioni di sovranità nazionale), non è molto diverso dal proporre le stesse ricette, parlando però retoricamente di difesa dei confini e della famiglia (e rimanendo sostanzialmente in silenzio sulle cessioni di sovranità nazionale).
Dunque “destra” e “sinistra” oggi sono contenitori interscambiabili, perché il contenuto fondamentalmente è il medesimo. Perciò, se davvero si vogliono fare dei puntellamenti ideologici per marcare delle differenze, le categorie anzidette sono del tutto inutili e ingannevoli, assumendosi invece come utili quelle che fanno riferimento alla propugnazione e al perseguimento di politiche realmente anti-capitalistiche e populiste. Sicché, per esempio, è ancora utile la contrapposizione ideologica tra socialismo e liberismo. E non importa poi che questo socialismo sia proposto dai partiti della cosiddetta destra o della cosiddetta sinistra. Importa che il programma politico, il bagaglio dei valori sia coerente con l’anti-capitalismo, la democrazia popolare e miri alla demolizione dei pilastri del liberismo. Pertanto solo l’attenta analisi dell’asse portante ideologico delle forze politiche e del loro comportamento pratico nell’amministrazione della cosa pubblica, può aiutarci a comprendere se la forza politica sotto esame è davvero informata alla tutela della democrazia popolare e della sovranità nazionale (e dunque in ultimo, degli interessi nazionali), ovvero persegua politiche liberiste e dunque fondamentalmente anti-nazionali e anti-popolari. Che poi tale forza si autoproclami di destra o di sinistra è – ripeto – del tutto irrilevante.