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Salvini ha deciso che no, il Senato non dovrebbe dare l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Le ragioni sono ovvie: un processo penale su un atto politico del Ministro la cui finalità è la tutela di un preminente interesse nazionale (la difesa dei confini e il rispetto delle leggi sull’immigrazione), rischia di rendere la magistratura il decisore finale della politica nazionale sul fronte dell’immigrazione. La ratio dell’art. 96 Cost. (così come modificato dalla legge costituzionale 1/1989) era ed è proprio questa: rappresentare un argine alle indebite interferenze dei magistrati sulla determinazione dell’indirizzo politico nazionale. I magistrati non devono creare la legge, ma applicarla.
Matteo, dunque, probabilmente ben consigliato, ha capito che un processo sul caso Diciotti rischia di trasformarsi in un processo sulla sua persona, sul suo essere politico e sul suo essere contro l’immigrazionismo. Dunque un processo che i media ostili (praticamente tutti o quasi) trasformerebbero in un processo politico bell’e buono. Che potrebbe anche portare nell’immediato un vantaggio elettorale al capo leghista, ma poi nel lungo termine, al momento della sentenza, se sfavorevole, un pericolo per la sua libertà personale. Senza contare che si creerebbe un procedente che metterebbe le politiche immigratorie (e non solo) del Governo sotto la tutela definitiva della magistratura.
Ma il risvolto di un sì all’autorizzazione, avrebbe conseguenze non indifferenti anche sulla vita del Governo Conte. Come ho già scritto qui, per quanto mai ci potrebbe essere la buona volontà di non far cadere il Governo, difficilmente Matteo potrà reggere un Governo con chi lo ha “impallinato” al Senato su una decisione politica condivisa dall’intero esecutivo. E certo non bastano le rassicuranti parole di Toninelli e Di Maio sulla questione, e ciò perché alle parole (siamo tutti colpevoli) devono seguire i fatti (dunque nessuno è colpevole e nessuno deve essere processato). In altre parole, il M5S deve assumersi le proprie responsabilità di Governo e condividere seriamente l’atto politico di Salvini, e lo può fare solo votando NO all’autorizzazione. Non è accettabile che cerchi di tenere il piede in due staffe: condividiamo l’atto del ministro, ma il ministro deve essere processato per quell’atto. Né può essere considerato realistico tentare di coinvolgere nel processo penale tutti i membri del Governo che hanno condiviso l’atto; in parte perché la decisione sarebbe comunque del magistrato (che potrebbe ignorare la richiesta), e in parte perché dimostra (ancora una volta!) che i 5S non riescono a concepire l’idea che quando è coinvolto l’interesse nazionale il processo penale è da evitare sempre.
Presto vedremo come andrà a finire. I grillini sono imprevedibili. Ora dicono che voteranno sì, ma i tentennamenti e le riflessioni iniziano a farsi strada. Quello che però vorrei dire loro è questo: non abbiate paura di votare NO. Non c’è contraddizione con i vostri “valori”. Perché il sì al processo va sicuramente bene per un reato comune (es. il ministro che si macchia del reato di corruzione); mentre non va affatto bene per un reato politico (dove per reato si intende un atto che potrebbe – secondo il giudizio del magistrato – avere elementi di reità), in quanto il giudizio in questo caso non verte su un ipotetico vantaggio personale del ministro, ma sull’interesse nazionale che non dovrebbe mai essere oggetto di valutazione penale, ma solo politica.