— Lettura in 3 min.
Ancora una volta, discorrendo su Facebook e Twitter, rilevo la predominanza dell’idea fallace che oggi il conflitto ideologico sul piano politico ed economico sia tra destra e sinistra. Così non è difficile leggere e sentire persone di destra che – non avendo capito un benemerito bip dello scenario attuale – insistono ancora nella ridicola quanto anacronistica guerra ai comunisti di berlusconiana memoria. Che certamente farà piacere a Berlusconi, ma che dirotta energie e idee verso un nemico che allo stato attuale non esiste più.
La verità è che lo scenario politico è cambiato. Non dico che le categorie siano scomparse e si siano dissolte, bensì posso affermare con una certo margine di certezza che le stesse non corrispondono più in modo aderente ai rapporti di forza in campo né alle ideologie che oggi dominano realmente la scena, influenzando nel bene e nel male le nostre vite.
La triste realtà, dunque, è che per alcuni è comodo affondare le proprie convinzioni nella rassicurante categorizzazione del ‘900, pensando seriamente che ci sia un pericolo bolscevico imminente dal quale bisogna difendersi. Così come per alcuni è comodo far credere al popolino che il confronto su come plasmare questa società e la sua economia sia tuttora tra la destra fascista, i suoi intermedi e la sinistra comunista e i suoi intermedi. In altre parole, tra fascisti e comunisti, tra liberisti e socialisti.
Il fatto è che leggere il segno dei tempi, l’evoluzione (e la trasformazione) delle ideologie politiche, capire davvero cosa ci opprime e cosa non, soprattutto intravedere la soluzione ai nostri problemi, non è un processo intellettuale facile. Superare peraltro certi pregiudizi che hanno alimentato le nostre idee negli anni e nei decenni, ammettere che forse il mondo come noi lo abbiamo categorizzato è un mondo non solo semplificato e falso, ma addirittura banale, è oltre modo imbarazzante. Così ecco che nel dubbio, chi non riesce a superare questi limiti, volta con sgomenta semplicioneria le spalle alla verità e si rifugia nelle comode categorie ideologiche inventate dai nostri nonni e bisnonni, in tempi diversi, per ragioni diverse e con pericoli imminenti diversi.
Eppure oggi il vero confronto, la vera lotta, non è semplicisticamente tra destra e sinistra, ma è tra i globalisti e i mondialisti (e nella loro variante europea, gli euristi), che sono tanto di destra quanto di sinistra, e i sovranisti e i patrioti, che sono tanto di destra quanto di sinistra (v. anche qui). Tra chi, in altre parole, sostiene, lotta politicamente e tifa per la prevalenza delle logiche sovranazionali e neoliberiste e nel farlo, sostiene e auspica la fine della Nazione e della Patria, veicolandone l’ideologia economica e sociale di base (lo Stato che non deve investire, lo Stato che deve ritirarsi, lo Stato che deve rinunciare a governare il mercato, lo Stato che deve essere gestito come un’azienda) e chi invece, per converso, mosso da spirito patriottico, difende i confini, l’identità nazionale, l’economia nazionale, lo Stato-Nazione e la sua Costituzione: l’unico strumento che può davvero favorire il benessere sociale, la giustizia sociale e la preservazione dello Stato-communità sia in senso culturale e identitario e sia in senso economico e sociale.
Una guerra dunque che non viene capita dai più, che persistono nel categorizzare la loro appartenenza politica in base a dei costrutti ideologici ormai superati. Perciò non è affatto raro (anzi!) vedere e leggere di persone di destra che ingenuamente veicolano le idee oligarche, globaliste e mondialiste, convinti che stiano combattendo il pericolo comunista; e nello stesso tempo vedere persone di sinistra che altrettanto ingenuamente veicolano le medesime idee, convinti che stiano combattendo il pericolo fascista e il capitale che opprime il proletariato.
E sapete qual è la buffa e triste verità? E’ che le persone anzidette, combattendosi e vituperandosi tra di loro, attraverso i vecchi arnesi ideologici di un tempo che fu, combattono in realtà per lo stesso padrone e per i suoi obiettivi. E non è un caso che per loro calzi a pennello la figura retorica dell’utile idiota.