Se in Italia la spesa sanitaria è a -32% rispetto agli altri paesi UE

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Ieri mi è passato un episodio di un anonimo telefilm americano. Curiosamente, in questo episodio il “criminale” di turno, un grasso affarista, intendeva corrompere i politici locali, per acquisire un’area adibita a parco pubblico, per costruirci un ospedale.

Voi ora mi direte: sembra una buona iniziativa. Cosa c’è di male nel volere costruire un ospedale? Beh, seppure sia vero che in teoria non ci sarebbe nulla di male, è anche vero che, per chi conosce la sanità americana, gli “ospedali” sono delle vere e proprie attività commerciali, capaci di generare profitti e perdite. Soprattutto profitti, sicché negli USA è un’attività – quella ospedaliera – particolarmente attraente per chi dispone di capitali da investire.

Questo episodio – raccontato frequentemente nei film e nei telefilm USA – dimostra abbastanza bene il vero volto della sanità americana, che non è per tutte le tasche, soprattutto per quelle vuote. Se un grasso affarista è disposto a investirci del denaro, è perché sa perfettamente che il rapporto tra l’investimento e la rendita potrà essere tale che i capitali investiti rientreranno velocemente, dando spazio al profitto. Questo perché se un utente vuole usufruire del servizio di quell’ospedale dovrà sganciare un bel po’ di quattrini, o direttamente o tramite una assicurazione sanitaria (che costa).

Più o meno è questo il disegno per il nostro sistema sanitario futuro. Un “bel” sistema sanitario privato (magari regionalizzato) basato sulla logica affaristica, il cui accesso sarà diversificato in base alle possibilità di pagamento; e quando parlo di “accesso” intendo accesso ai servizi sanitari migliori, alle cure migliori e dunque a un sistema che effettivamente potrà migliorare la qualità della vita dell’utente. Poi, certo, un sistema pubblico-gratuito per i basso-reddito verrà comunque previsto, ma qualitativamente non avrà nulla a che vedere con il sistema sanitario a “pagamento”.

E’ in questo quadro previsionale che deve essere visto l’intero sistema economico nazionale integrato nell’eurozona e dunque il crollo sempre più evidente della spesa sanitaria nazionale del 32% rispetto agli altri paesi europei (che arriva al 36% se si considera solo la spesa sanitaria pubblica – come riporta il Quotidiano Sanità) . Da anni si preme per un processo di privatizzazione del servizio sanitario e per un accesso integrale delle assicurazioni sanitarie nel sistema, sicché queste ultime diventino l’unica modalità di accesso alla prestazione sanitaria. Proprio come nel sistema americano. Ma perché ciò accada, lo Stato deve progressivamente ritirarsi dal “mercato” affinché i cittadini si abituino alla duplice prospettiva: a) la sanità è una normalissima attività commerciale; b) le cure possono costare e dunque il costo – che non deve gravare sulla collettività – può giustificare eventualmente un’assicurazione in cui il premio annuale è commisurato al tipo di prestazione richiesta.

Ne ho già parlato diverse volte (vedi anche qui). Per raggiungere l’obiettivo, è necessario diffondere la cultura della scarsità delle risorse e della scarsità monetaria (a questo serve l’euro e servono i vincoli di bilancio) e l’idea che il privato sia sempre più efficiente del pubblico, soprattutto perché il privato persegue il profitto (tesi ingannevole: il profitto infatti è basato sulla filosofia del “massimo risultato con il minimo sforzo”). Un sistema sanitario integralmente privatizzato raggiungerebbe pertanto il triplice obiettivo neoliberista/eurista: 1) ridurre drasticamente le imposte per il grande capitale; 2) aumentarne le occasioni di rendita e profitto in un settore vivo come la sanità; 3) abbattere il costo del lavoro, attraverso una riduzione delle prestazioni sanitarie gratuite, perché più si sta economicamente male e più si è disposti a lavorare per un tozzo di pane per procacciarsi il denaro per curarsi.

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