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Eppoi c’è chi si lagna continuamente delle tasse, della pressione fiscale che è troppo alta, e insomma che “non se ne può più di questa vita nella quale bisogna solo pagare, pagare, pagare”. Sicché tu gli riveli che tutto è causato dall’austerity, dall’Unione Europea, dal fatto che non siamo più un paese sovrano, non abbiamo più una nostra moneta, dalla dura realtà che se paghiamo molte tasse è perché lo Stato deve procacciarsi in concorrenza con il cittadino il denaro per sostenersi, (iper)tassando i cittadini, svendendo gli assets nazionali, risparmiando sulla salute di tutti e sull’istruzione dei tanti, e loro ti guardano come un alieno.
Come qualcuno che è arrivato da Marte e predica un Vangelo che non hanno mai sentito. Ti osservano con quell’aria stupita, piena di sospetti e di pregiudizi. Dai loro occhi traspare il loro pensiero: questo è un eretico, o peggio, un fasciopopulista. Poi ti chiedono, quasi con curiosità frammista a compassione, cosa dovrebbero votare secondo te. Tu non gli dai un partito o un candidato. Semplicemente gli spieghi la necessità di sostenere quei programmi e quegli ideali che propongono la fuga dalla gabbia europea, dall’illusione di una moneta unica venefica che è la causa principe di quella montagne di tasse che versiamo allo Stato, e loro scuotono la testa e ti dicono che quelli – appunto – son fascisti, quegli altri son razzisti, quelli invece son populisti. Loro invece sono un’altra cosa. Sono europeisti e vogliono la moneta unica: la gabbia.
Dunque chiedi loro, qual è la ricetta. Ed eccoli lì, che ti sgranano il loro stucchevole rosario europeista-neoliberista, fatto di meno Stato, meno istruzione pubblica, meno sanità per tutti, più privatizzazioni, più lavoro precario, perché – sostengono orgogliosi – tutto sommato il precariato è giusto: il lavoro deve essere messo in concorrenza, deve essere reso un fattore della produzione flessibile, il cui costo può e deve variare come quello di un qualsiasi altro fattore (sicché utilizzi quello più conveniente), fregandotene altamente se quel fattore sia fatto di carne e ossa e abbia una famiglia, un progetto di vita e dunque relazioni sociali. Anzi, meglio ancora se non ha né famiglia né progetto di vita. Meglio dunque il single. Bisogna accettare le sfide e mettersi in gioco.
Dunque, per costoro la soluzione non è fuggire dalla gabbia, dal giogo europeista, dalle catene della schiavitù eurista, ma è restarci, possibilmente alla grande, a spese dei più deboli. Meno risorse per le fasce più deboli ed esposte all’austerità monetaria, più ossigeno per loro. Sicché, nel loro contorto ed egoista ragionamento, non si deve inseguire il populismo, ma i “competenti”, che sono quelli che predicano le soavi catene euriste, e che addolciscono la prigionia con il sogno ultraliberista della privatizzazione dello Stato, che – sempre secondo il loro contorto ragionamento – porterà un giorno alla liberazione fiscale. Peccato, però, solo per quei pochi che ancora avranno un imponibile da tassare.