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Ieri ho scritto un tweet che mi ha attirato qualche critica (ma anche molti consensi). Nel post sostanzialmente affermo che la linea politica tenuta dal nostro Governo è per me deludente, perché danneggia i nostri interessi nazionali e ha creato una rottura con un paese che storicamente ha rapporti di amicizia con noi.
Provo profondo disgusto per la linea politica tenuta dal nostro paese. Ha sposato una causa che non è sua, che danneggia i nostri interessi nazionali e ha creato una rottura con un paese – la Russia – con il quale abbiamo interessi comuni e una lunga tradizione di amicizia.
— Davide Mura (@ilpetulante) March 26, 2022
Le maggiori critiche riguardano il fatto che comunque è una guerra nella quale la Russia ha occupato un paese sovrano e democratico. Per cui, tutto ci sta, e nel torto è chi cerca di giustificare questa “invasione”.
Ebbene, in generale non si può non essere d’accordo sul fatto che le invasioni siano forme di aggressione da condannare e certo non da giustificare. Però, è chiaro che questa opinione, a livello di decisione politica, non può non tenere conto di variabili geopolitiche ed economiche che hanno o potrebbero avere un forte impatto sulla vita di milioni di persone non direttamente coinvolte nella guerra. Perché – vedete – è facile dire: la Russia ha invaso, sanzioniamo la Russia e non compriamo più il suo gas e il suo petrolio. Certo. Poi su chi graverà questa decisione? Su chi graveranno i costi di questa linea politica? Quali interessi si perseguono, quando si sanziona un paese le cui materie prime sono vitali e irrinunciabili per la tenuta economica e sociale del paese?
Ma non è questo, in verità, il punto sul quale mi voglio concentrare (per quanto dirimente). Il punto è un altro: è la tendenza della gente a semplificare e creare tifo da stadio su questioni complesse e delicate, sulle quali tutto bisognerebbe fare, tranne che tifare. Eppure, nonostante questa verità, sulla questione ucraina leggo e sento solo tifo e una fastidiosa tendenza a semplificare in modo binario: russi cattivi, ucraini buoni, americani buoni, russi cattivi. Occidente buono, russi cattivi.
Ma la storia in generale, e in particolare la storia dei rapporti tra Russia e Ucraina, è ben più complessa, e qui in Occidente è parecchio frammentata e non scevra da manipolazioni. In questi anni si è fatto di tutto per non riportarla o riportarla sempre e solo in un certo modo, perché così faceva comodo alle parti belligeranti e ai loro sostenitori. Per quanto riguarda l’Occidente, certamente faceva comodo agli Stati Uniti, uno dei maggiori finanziatori militari dell’Ucraina (qui).
La verità è che il tifo porta ad alterare la realtà e creare una versione della storia che non esiste, o comunque fortemente propagandistica e di comodo. E a tal proposito, non sfuggono i dieci punti della propaganda di guerra, che dimostrano come le semplificazioni e il tifo spesso sono elementi alimentati ad arte per polarizzare e per giustificare misure impopolari (come l’impatto delle sanzioni) che altrimenti la gente rifiuterebbe.
- Noi non vogliamo la guerra;
- il campo avversario è l’unico responsabile della guerra;
- il capo del campo avversario ha il volto del diavolo;
- noi difendiamo una nobile causa e non interessi particolari;
- il nemico commette volontariamente delle atrocità, mentre i nostri sono errori involontari;
- il nemico utilizza armi vietate;
- noi soffriamo perdite limitate, mentre quelle del nemico sono enormi;
- artisti e intellettuali sostengono la nostra causa;
- la nostra causa ha un carattere sacrale;
- chi mette in dubbio la propaganda è un traditore.
Questo dieci punti sono stati codificati dalla storica Anne Morelli nel 2001. E per quanto non siano finalizzati a giustificare le dittature (e ci mancherebbe!), sono forme di manipolazione dell’opinione pubblica che utilizzano tutte le parti in una guerra, anche solo mediatica. La nostra intelligenza dovrebbe stare nell’evitare, il più possibile, di lasciarci irretire dalla propaganda e di essere parte polarizzata di essa, perché diversamente diventeremmo strumenti stessi di quella propaganda.