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Interrompiamo le trasmissioni sulla politica italiana per occuparci di una notizia che in realtà dovrebbe stare in primo piano, perché non riguarda un paese lontano e nemmeno qualche altro paese europeo, ma riguarda noi, l’euro e l’Unione Europea: la guerra commerciale che Donald Trump ha dichiarato all’Europa e in particolare alla Germania. Già, perché questa guerra, lungi dall’essere un affare a due, riguarda anche noi, sia nel bene (il crollo dell’euro) e sia nel male (gli effetti economici che potrebbe avere questa guerra sulla nostra già fragile economia).
Ma cosa sta accadendo esattamente? La faccio semplice, quasi banale: Trump sta dando attuazione al suo programma politico che mira a difendere il lavoro e la produzione USA, imponendo dazi alle importazioni da certuni paesi che fanno surplus commerciale in USA. E una di questi è – guarda caso – la Germania, accusata dall’amministrazione Trump di sfruttare l’euro sottovalutato per fare appunto surplus a danno dell’economia americana. E che poi la Germania lo faccia anche a spese dell’Italia (grazie all’euro) è un dato assodato, che però qui non è oggetto di disamina.
Sì, è vero, anche l’Italia esporta in USA e perciò il danno sarebbe comunque anche nostro, ma è chiaro che la situazione sarebbe ben diversa e meno complicata, se non fossimo legati a doppio filo ai destini della Germania. Sicché è indubbio che qualora Trump alzi i muri con la UE o comunque con alcuni paesi UE, e in particolare Berlino, a farne le spese sarebbero anche le nostre esportazioni non solo verso gli USA, ma anche verso la Germania.
La questione, chiaramente, è però più complessa di così e coinvolge non solo l’economia ma anche la geolopolitica e dunque i rapporti (di forza) USA-Europa, soprattutto sotto il profilo dell’alleanza militare nella NATO (Trump che si lamenta che gli alleati europei pagano poco o non pagano) e sotto il profilo dei rapporti con l’ingombrante e potente vicino russo. Ma anche il medioriente con una visione politica della soluzione del conflitto israelo-palestinese completamente diversa (se non opposta) rispetto a quella europea (v. Gerusalemme capitale di Israele). Insomma, mai come in quest’ultimo anno, le distanze tra gli USA e l’Unione Europea sono così evidenti, che la querelle economica è solo la punta dell’iceberg, per quanto dannatamente fondamentale.
E’ chiaro, dunque, che la guerra avviata da Trump è destinata a inasprirsi sempre di più, anche perché dopo la decisione di imporre i dazi, non è che la Germania e l’Europa siano addivenuti a più miti consigli. No, “minacciano” gli Stati Uniti, preparando misure commerciali di risposta. Peccato però che gli USA non sono l’Italia o la Grecia. Stiamo parlando di una potenza economica e militare che con le sue politiche potrebbe mettere in seria difficoltà l’Unione Europea, ed è questo – del resto – che temono (in realtà ne sono terrorizzati) Bruxelles e Berlino, visto che il. POTUS potrebbe per esempio applicare i dazi alla Germania, ma non all’Italia, alla Francia ma non alla Spagna. Con l’evidente conseguenza di una rottura dell’unione europea sul piano delle esportazioni USA che minerebbe seriamente la tenuta dell’euro, soprattutto se la FED svalutasse il dollaro sull’euro. Non ce ne sarebbe più per nessuno e in Europa scoppierebbe il caos.
Quale soluzione? In realtà non ho idee in proposito, anche perché non sono un economista. Posso solo dire che io tifo per Trump, e solo per una ragione: la sua guerra commerciale non potrà che accelerare il processo di decomposizione dell’euro, nonostante Draghi continui a drogare l’eurozona con il Quantitative Easing. Ma questo giochetto non potrà durare a lungo e allora se la guerra commerciale USA-Europa prenderà la direzione pianificata da Trump – una direzione che non potrà che portare a una rottura dell’unità europea (ed è quello che temono a Bruxelles e Berlino e che invece tifano a Washington) – allora si potrà dire che – salvo miracoli – l’euro avrà i giorni contati.