Venezuela e strategia geopolitica italiana

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Non intendo (per ora) prendere parte al dibattito un po’ calcistico, se abbia ragione Maduro oppure Guaidò. Una cosa però è certa: in qualunque modo la si pensi sulla situazione in Venezuela, la democrazia nel paese sudamericano non esiste da un bel pezzo; benintenendo, comunque, che questo giudizio non ci mette affatto – in quanto italiani – in una posizione privilegiata: ogni giorno, anche in Italia, lottiamo per mantenere decenti livelli di democrazia e di sovranità, che da più parti si vorrebbero reprimere; a volte con successo a volte senza.

Quello che qui mi preme capire è qual è la strategia italiana sul tema. A costo di sembrare un po’ cinico, mi preme capirlo per ragioni legate alla strategia geopolitica ed europea del nostro paese. Alla luce dell’accordo di Aquisgrana, che vede rinnovarsi l’asse franco-tedesco, con la prospettiva della condivisione del seggio ONU, l’Italia si trova in Europa in una posizione particolarmente scomoda, che necessita in questo senso di relazioni internazionali solide soprattutto con gli USA, oggi governati da Trump, uno dei maggiori “sponsor” del cambio di regime venezuelano verso posizioni più amichevoli con gli Stati Uniti.

La valutazione che deve fare l’Italia dunque non è solo una valutazione di principi, né chiaramente una valutazione di sentimenti o solidarietà. Anche perché è chiaro che il popolo venezuelano appare oggi dilaniato, e il parteggiare per l’uno o l’altro capo politico alla fine risulterà comunque divisivo e creerà tensioni tra il nostro paese e il Venezuela. Perciò, l’interesse dell’Italia dovrebbe essere valutato soprattutto su un piano pragmatico e cioè su quello che ha un occhio di riguardo per lo scacchiere internazionale e i possibili effetti di una strategia guidata dal preconcetto ideologico. Una netta presa di posizione a favore di Maduro, per farla breve, potrà pure soddisfare chi vede nell’ingerenza USA l’ennesima prevaricazione di una potenza straniera sugli equilibri democratici di un paese. Ma è anche vero che una tale presa di posizione ci metterebbe in seria difficoltà con l’amministrazione Trump, e dunque in una posizione di estrema debolezza nei confronti dell’asse franco-tedesco; debolezza che oggi non possiamo permetterci in alcun modo.

D’altro canto, vista la solidarietà che la Russia ha dimostrato per il Venezuela di Maduro, una presa di posizione a favore di Guaidò, creerebbe – almeno potenzialmente – “tensioni” con la Russia, anche se, in questo caso, l’effetto sul piano internazionale sarebbe davvero trascurabile. In parte perché la Russia è comunque avversaria a prescindere dell’asso franco-tedesco, e in parte perché la Russia, concentrando i propri interessi strategici sull’Europa, ha scarso interesse sugli equilibri latino-americani. Peraltro, tutt’ora, nei paesi sudamericani vige la dottrina Monroe che impedisce l’ingerenza di potenze europee nelle vicende politiche del continente americano. L’unica eccezione riguardava Cuba, ma parliamo di un’altra epoca e di equilibri politici decisamente differenti.

Insomma, il Governo gialloverde, al di là di tutto, deve valutare con una certa attenzione quale posizione adottare in una situazione delicata come quella venezuelana che investe interessi che vanno oltre il chavismo. Una sostanziale neutralità sarebbe preferibile, ma è chiaro che questa neutralità non potrà scontrarsi con l’amministrazione Trump. Onestamente, per una questione di interesse nazionale, oggi come oggi non possiamo consentirlo. La Francia e la Germania sono al guado in attesa di una mossa sbagliata sul piano internazionale del Governo gialloverde; mossa che si paleserebbe qualora Trump, indispettito per una presa di posizione marcatamente a favore dell’erede di Chavez, togliesse il sostegno politico ai populisti italiani. Dunque, la scelta vera per noi oggi è un’altra: o Maduro o Trump.

Foto by Alcastaro [CC BY-SA 4.0], from Wikimedia Commons

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